Archivi del mese: ottobre 2011

La casa degli spiriti … un nuovo episiodio de “le disavventure del gatto Syilvestro”

Il libro della Allende non centra nulla, ma quella in questione è casa mia.

Almeno quella di Milano.

Ieri sera torno dopo il weekend e arrivando, trafelato con le mani impegnate da borse e borsine noto che la spia dell’allarme è spenta.

“Strano” penso io. O mi sono dimenticato di inserirlo, niente di più facile, o sono passati i miei senza dirmi niente.

Apro la porta…buio totale. Cazzarola è saltata la luce. Appoggio nelle tenebre la mia mercanzia e provo a vedere se il salvavita era scattato.

Infatti…tiro su l’interruttore e….WOW WOW WOW WOW…l’allarme incomicia a suonare in maniera assordante. Per di più contemporaneamente parte il televisore, anche quello con volume da non udenti. Panico, giusto quei pochi secondi per razionalizzare dove erano le chiavi e disinserire l’allarme.

Mi aspetto che dal pianerottolo si affaccino i vicini ma dimentico che siamo in un condominio a milano.

Entro in casa. Dopo una veloce ispezione, incomincio a mettermi in libertà quando improvvisamente….WOW WOW WOW WOW….n’altra volta! Questa volta però non faccio in tempo a correre per spegnerlo che autonomamente si zittisce. In realtà si spegne totalemente, nessuna lucetta, il pannello di controllo buio….morto. Mah!

Vado in cucina. Apro il frigor e capisco che il black-out deve essersi protratto per parecchio tempo. Il freezer tutto scongelato, acqua dappertutto e minestroni e similari da buttare. Qualche saracca incomincio a smoccolarla.

Finito l’operazione frigo mi rendo conto che il riscaldamento è spento. Vado alla centralina e scopro dall’orologio che la luce deve essere mancata per un paio di giorni almeno.

Mi dirigo verso la camera e mi accorgo che la tecnologica radioveglia che con inquietudine proietta l’ora sul muro è impazzita. Niente orari e solo strani segni, per di più capovolti. Anche in questo caso non c’è verso di rimettere in sesto l’apparecchio….e i moccoli aumentano.

Cerco di rilassarmi accendendo il televisore, faccio un po’ di zapping fino a che anche il telecomando mi pianta in asso bloccandomi sulla visione di Hell’s Kitchen.

Spengo, controllo in internet posta e quant’altro, ma manco a dirlo…l’ADSL non funziona, così come ovviamente non funziona la linea telefonica.

Cazzarola…non sarò mica sul set di un nuovo sequel di POLTERGEIST ?

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della nobile arte della scherma

Mio figlio è tutto suo padre. Non fa tempo ad appassionarsi ad uno sport che subito ne vuol provare un altro.

Ora è il turno della scherma.

Tutto è nato per caso qualche settimana fa. Una sua compagna di scuola faceva una lezione di prova e sua mamma a convincerlo a fare altrettanto.

“No, non voglio. Non se ne parla nemmeno. Piuttosto faccio basket!”

Ma come si sa, i bambini cambiano idea facilmente e così, dopo quei 60 minuti passati con un fioretto in mano a fingersi Dartagnan ecco scoppiare la nuova passione.

Non l’avevo mai visto così coinvolto. Raccontare le differenze tra le parate in prima, seconda, terza, etc, vederlo mimare l’affondo, sentirsi spiegare le differenze tra le varie armi.

Addirittura ha chiesto di andare ben due volte la settimana, nonostante il maestro non sia certo tenero negli esercizi, piuttosto faticosi, che propone a bambini di quella età.

Insomma, un nuovo amore è sbocciato e, anche se non ho mai praticato questo sport (ignorante, si dice non  hai mai tirato di spada) devo dire che è affascinante vederlo muoversi con quell’eleganza atipica per un bambino di 7 anni.

E poi, proprio quando ha incominciato, l’Italia ha fatto incetta di medaglie ai campionati del mondo. Che sia un segno del destino?

Ah dimenticavo, ovviamente ci siamo già visti “i tre moschettieri” al cinema…..

PS: dei 4 io assomiglio un po’ a Portos

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la visita medica

Quella per l’idoneità sportiva.

Arrivo trafelato e in ritardo di 20 minuti. Il medico mi accoglie e subito vedo che fa il brillantone con battutine simpatiche.

Poi si presenta.

“Piacere Giscardo”

“Beh, nessuno è perfetto” rispondo io mettendomi subito sul suo stesso piano.

Qualche domanda per sapere se fumo, bevo, mi drogo.

Al terzo no mi dice:

“ma lei non ha vizi”

“questo lo dice lei, mi vedesse col tacco 12….”

“Età?”

“45”

“Beh, io ho i due terzi della sua età”

“Si, ma dimostra anche il terzo che manca” 

“Si tolga la camicia e si sdrai sul lettino. Le faccio l’elettrocardiogramma. Ora si rilassi, provi a pensare al 5 maggio ad esempio”

“Lei non deve essere interista deduco”

“Ma io intendevo la poesia del Manzoni”

“io no invece”

Insomma una ventina di minuti passati a battute e controbattute. Mi sembrava di essere in uno schetch di Pino e gli anticorpi a Colorado cafè.

Mai divertito tanto ad una visita medica.

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Lo stato di grazia

A volte arriva e lo percepisci. Forte. nitido.

Parlo della mia vita in ufficio. Il periodo è particolare. “Cantieri” (così li chiamano) aperti e odore di riorganizzazione nell’aria.

Vivo questa cosa con serenità, senza preoccuparmi molto del mio futuro. Sono consapevole dei miei mezzi e in qualche modo anche fatalista.

Incontro casualmente il vicepresidente del gruppo mentre esce in ascensore. E’ in compagnia del direttore del personale, sempre del gruppo. Sono i pezzi grossi, quelli che normalmente non incontro nelle riunioni a cui partecipo. Ci si saluta cordialmente, ovvio, ma nella mia testa ero convinto che non sapessero nemmeno il mio nome.

Invece ieri mi vede e mi chiede deciso “Silvestro, come andiamo?” “Bene grazie”, rispondo per cortesia. “Silvestro”, ribadisce il mio cognome fermandosi un momento, “guardi che sto investendo parecchio su di lei”.

Deglutisco.  Mi scappa solo un poco manageriale “Osteria!”, prima di salutare e salire pensieroso in ascensore, senza capire bene il motivo di quelle parole inaspettate.

Rifletto e improvvisamente vedo nitidamente tutti i progetti e i sottoprogetti in cui sono coinvolto prendere forma. Prima non mi era così chiaro cosa dovevo fare, cosa l’azienda si aspettava da me.

Ma ora ho capito. Ho le idee chiare. So quello che devo fare. So cosa dire e cosa chiedere per ottenere il risultato.

Mi sento un po’ come Del Piero che a 20 minuti dalla fine, sullo 0-0, vede l’allenatore voltarsi verso di lui e dire “scaldati, ora entri tu”.

Non gli spiega nulla. Non ha consigli o disposizioni da dargli, perchè  lui conosce già quello che deve fare. L’unica cosa che gli sussurra sottovoce è “mettiti li in mezzo e porta a casa la partita”.

Ecco, quella è la sensazione che sento.

Domani sarà una giornata impegnativa. Tre riunioni nel pomeriggio tutte e tre importanti. In tutte e tre devo portare a casa un risultato. Devo essere lucido. Sono giorni che le preparo, ma oggi ho chiamato i miei collaboratori e ho modificato un po’ il taglio delle presentazioni. Ho spiegato loro cosa volevo e perchè. Mi hanno seguito e abbiamo macinato dati, tabelle numeri finchè non abbiamo ottenuto quello che volevo.

Domani mattina ridisegno la presentazione in powerpoint con loro. Avevo pensato di farlo stasera da casa, per portarmi avanti col lavoro.  Ma ho pensato che sarebbe stato più giusto farlo con loro,  domani mattina. Con le ore contate e l’ansia di riuscire a mettere tutto in ordine appena in tempo per la riunione, magari mangiando un panino davanti allo schermo del pc.

Sono sicuro che ci sarà da sacramentare, che qualcosa non andrà per il verso giusto e che mentre scorrerò le slides troverò qualche punto che non era come volevo.

Ma deve scorrere l’adrenalina. I risultati migliori si ottengono quando sai di non aver modo di rileggere, di controllare, di correggere.

Quando lo stato di grazia ti assiste….

 

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Serata CULturale

Ogni tanto mi tocca. “Alla presentazione di quel film non possiamo mancare” mi ha detto la mia collaboratrice settimana scorsa, “altrimenti sai come si offende!” .

Lei è saggia, più di me, e ogni tanto mi ricorda che nel mio ruolo esistono anche le pubbliche relazioni.

Mi ritrovo quindi a forzare la mia anima selvatica e andare alla serata con lo stesso spirito con cui Fantozzi andava al cineforum per vedere LA CORAZZA POTEKMIN.

Consapevole di essere invidiato da molti per essere li, in seconda fila in mezzo al gotha della cultura milanese e italiana, avevo come unico obiettivo quello di non farmi sentire nel caso russassi.

Il film in realtà era anche interessante, sia pure di una lentezza mostruosa.  Una sequela di interviste con primi piani degli intervistati così stretti da poter vedere quanti peli nel naso avevano.

La fotografia però, quella tra un intervista e l’altra, era fatta molto bene. Delle vere e proprie cartoline animate. E anche la colonna sonora meritava.

Il meglio però è stato dopo, tornando a casa in auto e commentando il film:

“Dai, il film non era poi così male, a parte  quella lunga intervista al critico d’arte”

“Perchè c’era anche lui tra le interviste? “

“…”

“La prossima volta il caffè è meglio che lo prendo doppio.”

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