Archivi del mese: luglio 2015

Chi non ha testa ha gambe…

…e chi non ha memoria meglio si scriva le cose.

Perchè se ieri sera, davanti allo scaffale degli yogurt, mi fossi ricordato che solo pochi giorni fa avevo fatto un buon rifornimento, oggi non mi ritroverei con almeno 4 chili di yogurt da smaltire nei prossimi giorni…

Però va detto che l’intestino funziona benissssssimo.

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parlando di corsa

Vi mancava l’argomento, vero?

Correre per me equivale a pensare. Niente di meglio che avere del tempo in cui non puoi leggere, navigare in rete, guardare la TV. Basta fare attenzione a dove metti i piedi (esercizio non particolarmente difficile visto la mia velocità) e la mente ha campo libero.

Anche la musica tutto sommato rimane solo un piacevole sottofondo che non impedisce l’attività di cui sopra.

Ecco. Ultimamente corro e tra le cose che penso c’è che faccio più fatica. E’ una fatica essenzialmente mentale che si tramuta poi in fisica.

Seguo una tabella per non aver alibi. Se devo correre 12 chilometri, mi costringo a farne 12. Se devo fare le ripetute, che ripetute siano. Avere un obiettivo mi aiuta molto.

Però la fatica rimane.

Quando faccio i 12 chilometri, al terzo penso “sono solo a un quarto del percorso…cazzo”.

Quando faccio le ripetute, conto quelle che mi mancano alla fine, e mentre le faccio, controllo ossessivamente il gps per vedere quanto manca alla fine dello sforzo massimo….200 metri, 150, 100…non finisce mai.

Forse mi sarò lasciato condizionare dal libro di Agassi, ma si sta insinuando in me un concetto finora sconosciuto. L’odio per la corsa.

Fino a qualche mese fa non era così. Per la maratona di Firenze, sono stato meticoloso e ho gustato e apprezzato ognuno dei 900 chilometri che mi hanno portato a fare quegli ultimi 42.

Probabilmente sono fatto male, ma ho bisogno di stimoli, scadenze, pressione. Anche sul lavoro è così.

Ecco perchè ieri mi sono iscritto.

Tra l’altro ho anche un conto aperto con lei.

La mia vita è fatta di paletti poco piantati per terra. La maggiorparte li ho piantati, male, io. Più che paletti sembrano tronchi galleggianti sull’acqua.

Almeno questo, piantato sul calendario il 25 ottobre, dovrebbe rimanerci…se non si alza troppo il vento.

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For those about the Rock

Eccomi, con qualche giorno di ritardo.

90.000 non mi era mai capitato di vederli tutti assieme. Uno spettacolo nello spettacolo. Tre generazioni a seguire i virtuosismi di Angus alla chitarra e la voce, magari senza l’estensione dei tempi migliori, ma pur sempre inconfondibile di Brian (gli altri diciamocelo, sono di contorno).

Sylvestrino era un po’ scettico all’inizio. Sono convinto che sia venuto più per farmi piacere che per convinzione sua. Ma sono bastati i primi accordi “cattivi” per fargli cambiare idea.

Una serata perfetta. Oddio, il palco da 46 metri, visto dalla Rivazza sembrava quello della festa dell’Unità sotto casa, ma i maxi schermi ci hanno aiutato a seguire le evoluzioni di quel pazzo scatenato che a 60 anni continua a suonare in braghette corte come quando ne aveva 20.

Certo, tra una canzone e l’altra c’erano quei 30 secondi in cui rifiatavano un po’…Brian evidenziava una discreta panzetta nonostante la maglietta nera che snellisce…Angus dava sempre l’idea di avere un infarto da un momento all’altro, sudato com’era….ma alla fine lo spettacolo meritava veramente.

Fighissimo l’intro con Rock or bust. Da esaltarsi quando hanno fatto pezzi storici, quali Shoot to thrill, Back in black, Thundestuck, Hell bells. Interminabile l’assolo di Angus (Sylvestrino a un certo punto mi ha detto “si ma ‘mo basta!” ) e da far venir giù l’autodromo quando hanno iniziato i bis con Highway to hell.

Cappellino (caro arrabbiato) come suovenir per il rocckettaro in erba e rientro nella notte col treno (non potevo fare scelta migliore).

Si…questo concerto possiamo metterlo tra gli indimenticabili.

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dei misteri, dei padri misteriosi e degli AC/DC

Un paio di settimane fa mi arriva un messaggio sul telefonino da un numero sconosciuto.

Io sto arrivando, recita.

Penso ad un errore e non ci faccio nemmeno caso archiviando mentalmente la cosa.

Una settimana dopo dallo stesso numero di telefono mi arriva un altro messaggio con un punto interrogativo. Apro lo scambio di sms e vedo che poco prima dal mio telefonino era partito un messaggio con scritto Io ti sono dietro.

Scrivo in maniera impersonale perché sono strasicuro di non aver scritto quel messaggio e ho la ragionevole certezza che nessun altro abbia preso il mio cellulare per scrivere quel messaggio. Tra l’altro con quel testo che non vuol dire nulla (io in quel momento ero in spiaggia sotto l’ombrellone) ad un numero che non è nemmeno memorizzato nella rubrica.

Comunque decido di rispondere cortesemente a quel punto interrogativo scrivendo: Chiedo scusa messaggio partito per errore, Ma chi sei?

Pronta la replica che mi lascia spiazzato….Tuo padre.

Se ci fosse la colonna sonora sarebbe il momento del ta-dah….Mi chiedo quindi come abbia avuto il mio numero di telefono e soprattutto come sia potuto partire quel messaggio dal mio, anche se il suo d’esordio non è strano da meno.

Comunque ci rifletto. Penso al da farsi. Rispondo? Lo chiamo? Lo ignoro?

A distanza di una settimana torna ad usare Facebook per tentare di mettersi in contatto con me. Mi chiede l’amicizia,

Ecco, sapevo che alla fine mi sarei ritrovato con un padre che non conosco e che non mi conosce che mi chiede l’amicizia su FB.

Dopo qualche giorno gliel’ho data…così ora può curiosare nella mia vita, vedere le mie foto, leggere cosa scrivo, le mie passioni, le mie scemate…Ho fatto lo stesso io sulla sua, anche se ci ho trovato molto poco. Duo o tre foto, di quella che deve essere la sua compagna, qualche messaggio di alcuni giovani ragazzi, nipoti?

Dovrei immedesimarmi in un novello Sherlock Holmes, indagare fra i suoi contatti, carpire informazioni….ma non ne ho voglia.

E non è l’inerzia di cui parlava Agassi.

Comunque…stasera alla fine ho deciso. Gli ho mandato un SMS. Poche parole, più che altro una scusa per vedere se risponde…

Nel frattempo non riesco nemmeno a correre causa un piccolo infortunio muscolare, anche se ne avrei davvero voglia, nonostante il caldo.

E soprattutto ascolto a ripetizione loro, visto che dopodomani a quest’ora, sarò con Sylvestrino al concerto più maranza a cui possa assistere…

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Andre Agassi – OPEN (finalmente l’ho letto)

Eppure. Le nostre migliori intenzioni sono spesso frustrate da forze esterne – forze che noi stessi abbiamo messo in moto tanto tempo prima. Le decisioni, soprattutto quelle sbagliate, generano una loro inerzia e fermare l’inerzia può essere un bel casino, come ogni atleta sa bene. Anche se giuriamo di cambiare, anche se siamo dispiaciuti e facciamo ammenda dei nostri errori, l’inerzia del passato continua a trascinarci per la strada sbagliata. L’inerzia governa il mondo. L’inerzia dice: Calma, non così in fretta, sono ancora io che comando qui. Come ama dire un mio amico, citando un vecchio poema greco: La mente degli dèi eterni non cambia all’improvviso.

Non avrebbe potuto dirlo meglio.

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