Archivi del mese: gennaio 2016

Ricordi liberi e stupidi

Ero piccolo forse in prima o seconda elementare, ma potrei sbagliarmi.

Abitavo al sesto piano ed ero affascinato dalla caduta delle cose. Fortunatamente ero già in grado di capire la pericolosità di questa attività, anche se confesso che avrei voluto, un giorno, provare a buttare una pallina magica, di quelle che rimbalzano in maniera spropositata, e vedere se sarebbe tornata su fino al sesto piano sfidando la legge di gravità che allora non sapevo nemmeno cosa fosse.

C’era però un giochino, stupido direi oggi, che inizia a fare. Osservavo pedoni e ignari ciclisti che stavano per transitare sul marciapiede sotto il mio balcone. Ne calcolavo la velocità teorica, ovviamente senza strumenti alcuno se non un’empirica valutazione e al momento giusto…”sput”…un piccolo bozzolo di saliva partiva dalla mia bocca a piombo sotto di me.

A volte a complicare il tutto c’era anche il vento che implicava ricalcoli teorici sul momento dello stacco…ma l’obiettivo era colpire l’ignaro passante o il veloce ciclista (che in una mia mentale tabella a punti valeva molto di più per la difficoltà).

Fondamentale era rientrare sul balcone non appena questi si fosse accorto dello scherzetto.

Ovviamente il più delle volte mancavo il bersaglio, ma i calcoli e l’adrenalina riempivano i miei pomeriggi annoiati.

Smisi dopo un po’, quando andai da mia nonna e volli provare anche li il mio giochino…ero al primo piano e mi sgamarono subito tra gli insulti di quel signore e la ramanzina di mia nonna.

 

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delle capacità di adattamento dell’uomo

Ho sempre pensato l’uomo ha una grande capacità di adattamento, spesso sottovalutata.

Ne ho una riprova su me stesso in questi giorni.

Sono solo 8 giorni che mia madre è a casa e che io mi sono trasferito dai miei. Eppure mi sto già abituando.

Mi sto abituando a vivere con un letto da ospedale in salotto.

Mi sto abituando a “fare da infermiere” a mia mamma, con una certa manualità nel preparare cocktails di farmaci e iniezioni che non pensavo veramente di avere.

Mi sto abituando a chiedere la mattina a mio padre “cosa facciamo per cena stasera” che era una cosa che mi mandava fuori di testa quando lo chiedevano a me.

Mi sto abituando a parlare con mia mamma senza ottenere una risposta, se non nel migliore dei casi un movimento della mano.

Mi sto abituando ad andare a letto alle 9 e mezza, 10 perchè mio padre a quell’ora va a letto anche lui.

Mi sto abituando nel fare il nuovo percorso che da casa dei miei mi porta al lavoro la mattina.

Mi sto abituando a dormire col pigiama visto che a casa dei miei fa più freddo che a casa mia.

Mi sto abituando a vedere per casa, infermieri, medici, operatori sanitari.

Mi sto abituando allo sguardo nel vuoto di mia mamma…no a questo non riesco ad abituarmi.

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Una notizia buona e una cattiva, ma per favore non fate quella faccia.

Mia madre è finalmente a casa e questa è la notizia buona. Quella terapia che ci avevano prospettato però non possono fargliela per i valori epatici troppo sballati, e questa è quella cattiva.

Nelle ultime settimane la mia vita è cambiata notevolmente, girando in qualche modo tutto intorno a lei. Negli ultimi giorni ancor di più, visto che mi sono trasferito a tutti gli effetti a casa dei miei, ma almeno così do una mano a mio padre e soprattutto non lo lascio solo la notte che avevo capito era la cosa che temeva di più.

Non facili questi primi giorni a casa. C’è molto da organizzare…il medico, l’infermiere, l’operatrice socio sanitaria, l’infermiera che si occupa solo dell’alimentazione, e poi l’asl, anzi ast, la società per l’alimentazione parenterale parenterale, le farmacie…senza dimenticare che in ufficio c’è un lavoro nuovo da imparare.

Però tengo botta. I cocktails di medicinali, il sondino gastrico, le iniziezioni di eparina (quelle mio padre non se la sente proprio di farle), ma anche un po’ chef la sera, almeno sono sicuro che lui mangi a dovere e non si lasci andare.

Ma c’è una cosa che un po’ mi urta, anche se la comprendo benissimo.

E’ quella faccia li. Quella che hanno tutti, amici, colleghi, parenti, quando parlano con me.

Probabilmente lo farei anche io a ruoli invertiti ed è normale sia chiaro. Chi sa che situazione sto vivendo è ovvio che abbia un atteggiamento del “mi dispiace, ti sono vicino, fatti forza”. Una sorta di lutto anticipato.

Ma per quello avrò tempo. Nel frattempo vivrò i miei alti e bassi, i momenti di sconforto ma anche quelli più spensierati, nonostante le condizioni di mia madre.

Lei sta morendo e anche se sembra che non lo abbia ancora capito, io so che lo sa. Ma non ho intenzione di guardarla con lo sguardo da cocker. Le sorrido ogni giorno, ogni momento. La prendo in giro per tutti i tubicini che ha in giro, per il fatto di sforacchiarla con le mie iniezioni, per i suoi capelli per aria (mamma smettila di andare in giro in moto senza casco!). Gioisco per ogni debole sorriso che riesco a strapparle e per ogni carezza che ottengo da lei.

Però voglio essere me stesso anche quando esco da quella casa. Si lo so, non sta bene essere allegri quando tua madre sta morendo, ma io voglio continuare ad essere il solito minchione che spara cazzate, come ho sempre fatto e senza sensi di colpa. E voglio che anche gli altri continuino a comportarsi con me nello stesso modo. Ovvio che mi faccia piacere quando mi chiedono di lei e non ho nessun problema a raccontare a spiegare, anzi parlarne non può che farmi bene. Però poi fatemi fare le mie battute a doppio senso, fatemi prendere per il culo gli interisti, fatemi ridere di una barzelletta idiota…e soprattutto non fate quella faccia.

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della speranza e delle 7 vite di mamma gatto

In questi giorni non ho scritto. Non me la sentivo. I medici non ci davano speranza e mia madre stava (sta) ogni giorno peggio.

Sabato, dopo aver passato tutta la giornata in ospedale (passo ormai più tempo li che fra le mura domestiche), esco un attimo per una veloce scappata a casa, ma non faccio tempo ad arrivarci che mi chiamano…”Syl vieni qui”. Tre parole dette in maniera perentoria. Non ho manco chiesto cosa era successo, e ho passato quei 10 minuti per ritornare rivedendo tutta la mia vita con lei, da quando mi teneva per mano a quando io tenevo lei per mano.

Mi precipito in corsia, senza salutare nemmeno gli infermieri che ormai conosco abbastanza bene…la trovo sul letto, con una maschera d’ossigeno…ma viva.

Una piccola ischemia, ci spiegherà più tardi la dottoressa, ma intanto penso che con questa siamo arrivati a quota 3 con le vite spese.

Ovviamente la situazione non è certo migliorata, anzi e tralascio le sensazioni e gli stati d’animo vissuti da mio padre e me…ma ieri ci hanno acceso una speranza.

“abbiamo deciso di fare una terapia ormonale intramuscolo…ce l’ha consigliato il primario”.

La felicità di questa inattesa speranza (anche se le probabilità di efficacia sono comunque basse) fa accendere però un dubbio: “perchè solo ora?”

E in effetti scopriamo che è solo grazie ad un intervento di un amico medico, che conosce il dott. tizio che a sua volta conosce il dott. caio che improvvisamente si prova ancora questo tentativo.

Ma mi chiedo…ma se non avevo l’amico medico che conosceva tizio e caio…porca troia. E intanto sono passati 20 giorni da quando lei è stata ricoverata.

Abbiamo sempre avuto la massima fiducia nella struttura pubblica di Niguarda che ritengo assolutamente all’avanguardia. La fiducia se la sono guadagnata sul campo in questi ultimi 5 anni con i risultati ottenuti anche con terapie sperimentali sul mia madre…e questo senza aver mai avuto nessuna corsia preferenziale.

Ora confesso che la fiducia è venuta un po’ meno. Ma questa è la parte vuota del bicchiere. Io ora voglio solo concentrarmi su quella piena, piena di speranza.

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come gli autoscontri

In questi giorni ho passato molto tempo in quel reparto, quello di oncologia.

Spesso ho visto i degenti, quelli che almeno riescono a camminare, aggirarsi per i corridoi trascinandosi i loro trespoli porta flebo….e mi sono venute in mente le macchinine degli autoscontri.

Lo so è un pensiero stupido…ma molto meglio degli altri pensieri.

ospedale flebohttps://i0.wp.com/www.dustnrust.com/images/gallerie/greenland_autoscontro.jpg

 

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