Non sono ingegnere né tantomeno psicologo.
Però a volte mi piacerebbe riuscire ad avere la capacità di capire quello che avviene all’interno della mente umana.
Mi piacerebbe studiare cosa avviene quando c’è una sollecitazione, una provocazione, un’azione. Capire perchè la mente reagisce in un determinato modo e non in un altro. E capire anche perchè, di fronte alle stesse sollecitazioni, alcune reagiscono in un modo e altre in un altro.
Vorrei trovare qual è l’agoritmo, l’equazione che lega azioni e reazioni.
Da ragazzo lessi (bau…va be’ questa arriva dopo un po’) la trilogia di Isac Asimov. Nella trilogia c’era Hari Seldon che creò una nuova scienza, chiamata psicostorioriografia, che sulla base di complesse regole matematiche e statistiche, poteva predeterminare il futuro dell’umanità per centinaia di anni.
Ecco, io mi accontenterei della psicoriografia umana. Della capacità di predeterminare il futuro, prossimo, di ognuno di noi, sulla base dei suoi comportamenti.
Questo per capire chi mi circonda, ma soprattutto per capire me stesso. Perchè a volte mi chiedo perchè mi comporto in questo modo, perchè ho una reazione invece di un’altra. E ovviamente con lo scopo di capire quel che mi succede ora, perchè a volte ho degli sbalzi umorali, perchè posso passare dall’euforia alla tristezza senza motivi apparenti tali da giustificare tutto ciò. E ad essere ambiziosi per capire dove porta il sentiero che sto percorrendo e quali bivi posso ancora affrontare per modificare o meno la mia destinazione.
Vi faccio un esempio, stupido ma spero illuminante.
Stasera nel mio allenamento settimanale di beach tennis, il nostro allenatore ci ha fatto affrontare (siamo in quattro) uno contro l’altro in un incontro di “singolo” per poi fare una finale tra i vincitori e una finale di consolazione fra i perdenti.
Io oggettivamente tra i 4 sono quello più scarso, vuoi per l’età, vuoi per la capacità e la predisposizione. Però nel primo incontro, con uno molto più forte di me, me la sono giocata punto a punto, perdendo però sia pur di misura. Tutto sommato non male come risultato, almeno per le mie aspettative.
Nel secondo incontro però, che sulla carta avrebbe dovuto essere più facile perchè giocato con l’altro perdente, ho perso seccamente senza mai entrare in partita.
Eppure ero sempre io, nella stessa serata, con lo stesso tipo di gioco, ma con due risultati clamorosamente diversi. La differenza è stata solo nell’approccio mentale. Nel primo caso sono riuscito a restare mentalmente in partita fino alla fine, nel secondo non ci sono nemmeno entrato, probabilmente demoralizzato dal mancato successo del primo incontro.
La stessa cosa accade ogni giorno, con mille occasioni in cui reagisco in un modo e altre in cui reagisco in modo molto diverso. E spesso non riesco a darmi una spiegazione.
Cosa dite? Si chiama psicologia? No no…questa è ingegneria psicologica, ma io mi sono fermato alle superiori.
