Archivi del mese: marzo 2018

Ogni anno si ripete.

Ormai sono passati 5 anni da quando scrissi queste righe.

Da allora, chi mi segue, sa che poi un giorno l’ho incontrato veramente. Questa figura mitologica metà padre biologico e metà ectoplasma.

Però devo essere sincero, fino a questo momento, non c’è stato un attimo in cui ho pensato a lui per la festa del papà.

Quello vero invece mi aspetta con qualche suo manicaretto e una bottiglia di vino buono stasera.

https://ilgattosyl.wordpress.com/2013/03/20/per-la-festa-del-papa/

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Caro diario…. (2° parte)

Oggi il mio stampatore mi ha chiamato.

Guarda che c’è stato un problema tecnico. Le copie che abbiamo ancora qui vanno bene.

Mi spiega il problema, è plausibile e spiega bene perchè questa enorme differenza tra quello che ho visto io e quello che ho portato poi con me in ufficio.

Spiegarlo sarebbe troppo tecnico. Fate conto che è come se lavorassi alla calvè e dovessi controllare la produzione. Vado, controllo, un po’ più di di sale, un pizzico di aceto in più….ecco così è perfetta. Datemene un vasetto che così faccio vedere al gran capo della calvè che buona che è venuta....e proprio in quel momento la maionese impazzisce.

Ieri sera non mi capacitavo di non essermi accorto che la maionese era impazzita. Pensavo di esserlo io.

Addirittura, per cercare di rincuorarmi uno dei miei collaboratori più fedeli mi diceva….“ma dai può capitare. E poi il tuo lavoro non è questo, devi pensare a tante altre cose, questi controlli forse è meglio se li lasci fare a noi che c’abbiamo più occhio…”

C’ho dormito veramente poco stanotte per questa cosa, ferito nell’orgoglio.

Ora però sto meglio…penso che festeggerò con una bella maionese.

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Caro diario…

…la vita a volte è proprio beffarda.

Stamattina se avessi potuto scriverti, ti avrei raccontato una splendida giornata, dove il sole splendeva, non solo metaforicamente.

Ti avrei raccontato di una proficua mattinata di lavoro, passata fuori ufficio a contribuire per la buona riuscita di un prodotto. Ho svolto un lavoro che normalmente fanno i miei collaboratori, ma che oggi, impegnati in altre attività, ho coperto io.

Come responsabile, in un’unità che non può permettersi figure di back-up, il back-up lo faccio io. Faccio il jolly, di solito senza far danni, anzi.

Stamattina però mi sono trovato un lavoro davvero impegnativo. Dovevo controllare la stampa di immagini molto difficili. Tarare l’inchiostratura, scovare il giusto compromesso…di solito viene facile, ma stamattina circa cento pagine che ho controllato mi hanno fatto letteralmente sudare la mia camicia (non ne avevo indosso sette).

Non è mai stato il mio forte fare questa cosa, ma oggi ero proprio soddisfatto. Avevo lavorato bene con questo stampatore, o meglio, con gli uomini di questo stampatore. Perchè se la macchina e i sistemi di controllo oggigiorno sono importantissimi, questa “regolazione fine” la può fare solo un occhio umano. E noi, io e quegli uomini, per una mattina intera abbiamo provato a salire un po’, ad aprire un po’ a chiudere da quella parte, ma non troppo, usando e miscelando i colori come artisti.

Di natura non sono un tipo preciso, ma stamattina pensavo di esserlo stato.

Poi torni in ufficio, riprendi a fare il tuo lavoro di routine, excelle torna ad essere protagonista….numeri, budget, pianificazione…e poi arriva quella telefonata.

“Ma non ti sei accorto a pagina 140?”

Improvvisamente il sole scompare, come il sorriso che dalla mattina indossavi orgoglioso. Nubi nere si avvicinano minacciose e la tua giornata finisce nella cartella delle giornate di merda.

Riprendi quello che avevi visto la mattina, lo sfogli nervosamente fino alla pagina in questione e vedi quella macchia, sul viso della modella nella prima pagina del servizio.

Cazzo, come ho fatto a non vederla? E’ terribile. Eppure ci hai passato sopra gli occhi per ore, curando le sfumature, anche quelle più impercettibili…e questa trave che ti si è infilata nell’occhio, proprio non l’hai vista?!

Per carità, non è la fine del mondo. Possiamo sistemare il problema, lo ristampiamo. E’ solo questione di costi. Non parliamo di cifre iperboliche, considerato il fatturato che devo gestire, è lo zerovirgola…

Eppure ho accusato il colpo come se avessi sbagliato un rigore nella finale.

Perchè? In fin dei conti se l’avesse fatto uno dei miei collaboratori sarei stato il primo a sdrammatizzare, a dire che solo chi non fa nulla non sbaglia mai.

Però mi sta sul culo sbagliare….sbagliare in questo modo.

Stasera ne ho parlato con uno dei miei collaboratori.

“Non devi andare tu Syl, non è il tuo lavoro. Te la cavi anche, ma il tuo lavoro è un altro. Avresti dovuto insistere perchè ci andasse qualcuno di noi.”

Nel dialetto milanese c’è un detto che calza a pennello…Ofelè fa el to mesté

pasticceria

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Quando è FB a farti parlare dei libri

Ho sempre considerato FB solo come una vetrina per il mio blog, un modo per condividere con più persone i miei pensieri.

Questa volta però è accaduto il contrario.

Un post scritto su FB all’interno di un gruppo, mi ha dato l’occasione di parlare un po’ di me, del mio lavoro e di conseguenza della mia passione, i libri. E allora perchè non ripostarlo qui?

So che sembrerò presuntuoso…ma ho lavorato nei libri dal 1989 fino a due anni fa. Per chi non lo sapesse mi occupavo della produzione (cosa che tutt’ora faccio ma non per i libri), la stampa, la carta e fin dal principio avevo la buona usanza di portarmi a casa  quel che facevo.
Negli ultimi 15 anni poi, l’ho fatto per una grossa casa editrice e conseguentemente ricevevo una copia campione per ogni novità ed ogni ristampa che facevamo. Fate conto più di 800 novità e 1.500 ristampe circa ogni 12 mesi.
Moltiplicate questi numeri per 15 lunghi anni e avrete un’idea di quanti libri sono passati tra le mie mani.
Purtroppo questa sorta di bulimia mi ha fatto diventare un po’ inappetente, un po’ come un pasticcere che non sopporta più i dolci.
I libri sono diventati per me degli oggetti, carta stampata, a prescindere magari dal loro contenuto.
Sono stato costretto a iniziare a selezionare, a tenere quelli che avevano un valore particolare per la storia che si portavano dietro, almeno per me.
Ho un libro della Mazzucco che mai leggerò ma che per il fatto che mi ha fatto sudare per quelle oltre mille pagine da stampare e rilegare, conservo ancora.
Ho una tiratura limitata, in occasione dell’anniversario di Valentino, con un’orribile confezione kitsch che però non darei via per nulla al mondo.
Ho un numero speciale con i fumetti di Paperino che penso mi abbia fatto venire i primi capelli bianchi e mi abbia fatto perdere una partita della Juve in coppa dei campioni (allora si chiamava così).
Ho libri con dedica fatti da autori che ho avuto la fortuna di conoscere. Uno su tutti La Rabbia e l’Orgoglio di Oriana Fallaci, a cui sono distante anni luce come idee ma di cui ammiro la forza e caparbietà (talmente caparbia che quando la conobbi mi sbattè fuori di casa…ma va be, questa è un’altra storia).
Ho conservato i thriller, poi i romanzi che mi incuriosivano, i libri divertenti, quelli con una copertina originale o quelli talmente originali che ancora oggi non ho ancora capito (Codex di Serafini ad esempio).
Ho libri per bambini e ragazzi che mio figlio non ha mai cagato nemmeno di striscio (e cazzo, non riesco proprio a farlo appassionare alla lettura).
Ho cercato di riempire con le più robuste delle librerie casa mia, ma alla fine sono un ammasso indistinto e confuso di libri colorati che nel 90% non riuscirò mai a leggere.
La mia libreria è piena e disordinata, come lo sono i miei cassetti e la mia testa.
Nel primo caso, mi riprometto di dedicarci tutto il tempo necessario quando magari andrò in pensione (ammesso di andarci).
Nel secondo cerco di separare i sogni dai calzini. Nel terzo invece è una battaglia persa. 😉

libri_macero

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Piccoli segnali

Ieri sono andato al mio consueto allenamento di beach tennis. Dopo una ventina di minuti ho sentito una fitta all’inguine. Stupidamente ci ho continuato a giocare sopra (tra l’altro con scatti e tuffi nella sabbia che manco i gatt…ah già che sono gatto pure io) anche perchè a caldo il fastidio sembrava sopportabile.

La notte invece un po’ meno. Si insomma, penso sia uno stiramento e col muscolo freddo mi fa un po’ male quando mi muovo. Forza zero e situazioni imbarazzanti come dover prendere la gamba con le mani quando salgo in macchina o cose del genere. Insomma un relitto.

In ogni caso, già durante la lezione pensavo a quanto incominciasse un po’ a stufarmi quel tipo di attività. Forse l’aver pagato una nuova rata della retta, cara arrabbiata, ha contribuito a farmi fare quei pensieri. Però tutto sommato con la stessa cifra potrei permettermi un abbonamento in palestra dove potrei tornare a fare spinning (che un po’ mi manca) magari più volte la settimana e magari trovando nuovi spunti per il blog (vita da palestra è sempre stato un mio vecchio cavallo di battaglia).

Anche con la corsa non è che abbia molti stimoli. Corro piano, il che mi porta a non pianificare nessuna gara, il che conseguentemente mi porta a non aver obiettivi e quindi motivazioni forti per allenarmi…un circolo per nulla virtuoso dal quale faccio parecchia fatica ad uscire.

Insomma, per un tipo tutto sommato sportivo come me, non è un periodo di grandi entusiasmi.

Suggerimenti?

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Dell’amore e dei pinguini.

Oggi ho letto il post di un mio amico blogger. In questo post racconta un amore finito e non per scelta sua.

Probabilmente avrebbe voluto scrivere un post rabbioso, pieno di rancore, per sfogarsi contro di lei. Apparentemente ci è riuscito, ma io ci ho visto invece una stupenda lettera d’amore.

Lui in questo momento sta soffrendo, tanto. Lo si percepisce molto bene dalle sue parole, dallo stato d’animo che traspare da ciò che mostra.

Però, per quanto paradossale sia l’affermazione che sto per fare, io lo invidio.

Si lo invidio.

Lo invidio perchè l’intensità di quel sentimento è incredibile. Lo invidio perchè nonostante non sia un ragazzino, ha la purezza di un ragazzino.

Lo invidio perchè ha un cuore sano, tonico, vivo, sicuramente che soffre, ma che sotto quello strato di sofferenza lascia intuire una voglia di vivere che ormai, io, non penso proprio di potermi più permettere.

Io ho provato quello che ha provato lui. E l’ultima volta è stata fatale. Da allora ho eretto una corazza impenetrabile per quel genere di sentimenti.

Oggi io posso flirtare, coccolare, affezionarmi, parlare, ascoltare, scopare, usare, una donna, ma non voglio più amare e soprattutto non voglio più essere amato.

E ci riesco anche piuttosto bene, mi vanto del mio modo di essere anaffettivo.

Però mi sembra di stare in un purgatorio, in una landa deserta, arida e piatta.

Certo, sono io il primo artefice, il carceriere di me stesso in questa gabbia dorata. Un detto dice “chi è causa del suo male pianga se stesso” e io non posso che confermare la verità di queste parole. E’ quello che voglio. Non fare danni (perchè amando ne ho causati tanti) e cercare di non subirne.

Però quando vedo chi è diverso da me, chi è ancora capace di provare dei sentimenti così intensi, di amare…beh un po’ di invidia c’è. Il coraggio di provare a volare pur sapendo che si può anche cadere.

Io sono come uno struzzo, un tacchino, un pinguino, un uccello, che per l’evoluzione darwiniana, ha disimparato a volare.

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