Archivi del mese: giugno 2019

Grazie dei fior…

Il seguito però non deve essere andato come nella canzone di Nilla Pizzi.

Li ho trovati li, nel cestino dei rifiuti nel garage dove lavoro. Non sono esperto di fiori ma sembravano ancora belli.

Chissà che storia hanno avuto.

Sicuramente li ha buttati una donna (un uomo al limite li avrebbe riciclati).

Magari un’amante che doveva farsi perdonare qualcosa alla sua lei e che evidentemente non ha raggiunto il risultato sperato.

Oppure un ammiratore segreto che si è rivelato alla collega, ma lei, avendo il marito geloso, non ha potuto portare i fiori a casa (però dai, almeno in ufficio poteva tenerli).

Oppure un capo stronzo che per recuperare il rapporto con la sua collaboratrice ha pensato di fare il bel gesto. Però se è stronzo e stronzo anche coi fiori per cui…

Chissà…

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No grazie, per il momento penso ancora di usarle

Sono in palestra. Ho appena finito una seduta di corsa (anche se l’ho fatta in piedi, sia chiaro) e, dopo una grande sudata mi sono goduto una doccia rinfrescante e purificatoria.

Torno al mio armadietto e mentre sono ancora nudo come mamma mi ha fatto mi metto a cercare le mutande nella borsa (stranamente le avevo stavolta).

In quel momento arriva alle mie spalle uno dei ragazzi della reception che richiama la mia attenzione chiedendomi:

Hai chiamato tu per…? (e mostrandomi un paio di cesoie da mezzo metro, fa il gesto di chi deve tagliare).

Lo guardo, mi guardo in basso i gioielli di famiglia e rispondo:

No grazie non sono stato io. Per il momento penso ancora di usarle un altro po’.

Il ragazzo sveglio capisce la battuta e si mette a ridere, mentre poco più in la un ragazzo lo chiama: E’ qui il lucchetto da aprire.

Risultati immagini per tronchese per lucchetti

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La combricola del Blasco

Giovedì sono tornato a vedere Vasco in concerto. In realtà il verbo tornare è fuorviante, perché è vero che l’avevo già visto dal vivo, ma allora avevo 16 anni e lui era agli inizi di una carriera incredibile.

Era l’estate dell’82 (almeno mi pare) e lo stadio era quello di San Remo.

A San Remo poi ci sarebbe andato più volte al famoso festival della canzone, rimediando tra l’altro un penultimo posto con la canzone Vita spericolata.

Vita spericolata ora è nei bis a fine concerto, tra le canzoni mperdibili.

Tutto questo comunque per dire che Vasco mi piace ma non così tanto da aver visto qualcuno dei suoi tanti concerti nel recente passato.

Invece…eccoci qua (dite la verità, l’avete letto con la sua voce).

La mia “socia” era completamente a digiuno di concerti. Emozionata e spaesata come Alice nel paese delle Meraviglie è toccato a me il divertente compito di portarla nella tana del bianconiglio. La ringrazio per avermene dato la possibilità.

San Siro e la combricola del Blasco hanno fatto il resto.

Si perché se dello stadio ormai conosco la magia (anche un’acustica non perfetta a dire il vero), dei fan di Vasco ho scoperto la fratellanza.

Sembrava infatti di conoscere tutti, come una grande famiglia.

Una mia amica, presente anche lei al concerto, nel commentarlo mi ha scritto: Ho trovato un’atmosfera diversa dal solito, come stare in una grande famiglia, mille età e infinite generazioni. E’ comunque storia della nostra musica, di noi che anche senza volerlo, certe canzoni le abbiamo imparate a memoria non si sa come o quando.

Ed è vero. Sembrava di far parte di una cerimonia, tutti insieme a celebrare la vita. Si perchè per quanto possa sembrare paradossale, lui è lontano anni luce dall’immagine di vita spericolata che cantava negli anni 80.

Il concerto è stato stupendo. Una sequenza interminabile (quasi due ore e mezza) di canzoni, quasi tutte cantate a squarciagola da 60.000 fan.

Le sensazioni che ha lasciato quando si sono riaccese le luci dello stadio sono state bellissime.

Felice di aver partecipato a questa grande comunione.

Video preso da You tube. L’acustica è quello che è ma rende bene l’idea dell’atmosfera.

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Sensazioni ritrovate

Leggera.

Fa quasi impressione il fatto che debba reggere il tuo peso su quella minima superficie. Non da l’idea di sicurezza, di consistenza.

Una sistematina al pacco, su la zip della maglia, casco allacciato e via col primo colpo di pedale…

Click-clack…le scarpette si agganciano e ti senti tutt’uno con lei.

Parlo della mia bici da corsa.

Era appesa al chiodo da 7/8 anni.

Il furto della mia mountain bike mi aveva fatto passare la voglia di pedalare. Forse anche per quello mi ero dato alla corsa, per la mia lunga parentesi da runner.

Poi l’anno scorso, riprendendo con la palestra ho riprovato a pedalare. Spinning, per un anno sempre da fermo, attento più alla musica che a quello che avevo intorno.

La gamba ritrovata mi ha fatto venire voglia di sentire nuovamente il vento in faccia, di sentire quel sottile sibilo dei raggi delle ruote che fendono l’aria.

Certo la bici, non più nuova, deve essere sistemata ancora per bene. Il cambio faceva i capricci, facendomi innervosire.

Però prestare attenzione al traffico, affrontato meno spavaldamente di una volta, tenere il controllo del manubrio molto sensibile, la postura bassa (non me la ricordavo così bassa).

Poi la leggerezza della pedalata, la bici che prende velocità…

Belle sensazioni.

Non vedo l’ora di risalirci sopra.

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