Archivi del mese: agosto 2019

Appunti greci

Le lettere sono diverse. Il copia e incolla sul navigatore è stato determinante.

L’isola su cui ero non aveva molte spiagge di sabbia ma per lo più ghiaino. Se ti guardavi solo alle spalle avevi la sensazione di essere in una cava. Poi se ti volgevi al mare…

Il mare non so se abbia 50 sfumature di azzurro ma di sicuro ne ha tante che vanno dal verde acqua al blu oltremare. La sensazione era di essere in una piscina naturale. Davvero fantastico.

Se fai il morto e hai le orecchie sott’acqua puoi ascoltare rumori lontanissimi. Ricordo che lo facevo anche da piccolo nella vasca da bagno, ma francamente non so perchè mi è venuta in mente questa cosa.

La cucina non è molto varia però si mangia discretamente senza spendere cifre folli. Ho sempre odiato l’aglio, ma per queste due settimane ho dovuto fare una deroga per lo tzatziky.

Non bisogna mai, ma proprio mai, gettare la carta igenica nel water. Quando fai quella grossa fa un po’ impressione.

C’è vento.

C’è sempre il sole.

Forse le due cose sono collegate ma non ne sono sicuro.

Nei paesini ci sono ancora le piazze coi tatnti tavolini dove la gente si incontra la sera. Ho rispolverato il significato della parola Agorà.

Quando vai al ristorante ti portano il conto scritto a mano e tu non ci capisci una cippa. Comunque non superi mai i 20 euro, per cui va bene così.

Il vino greco è imbevibile. Meglio la birra, soprattutto se servita nei boccali ghiacciati.

Il freddo cappuccino ha il suo bel perchè.

Se sei fortunato vedi anche i delfini.

Non esistono i bidet.

I tramonti sono emozionanti, ma davvero.

Ci tornerei.

PS: nell’ultima foto non stavo facendo la pipì.

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Il Blog del Gatto chiude per ferie

Ci si risente a fine agosto.

Fate i bravi (ma non troppo).

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Riflessioni al semaforo

In questa calda serata, col sole già ampiamente oltre i palazzi ma in grado ancora di regalare seducenti sfumature rosa, il semaforo dell’incrocio di quartiere mi ha regalato l’immagine di quest’uomo.

Guardava davanti a se in attesa di un via libera che la luce verde gli ha puntualmente concesso.

Teneva una sigaretta consumata tra le dita e indossava una camicia logora e dei jeans che avevano visti tempi migliori.

Sembrava anziano, probabilmente meno di quel che sembrava e più di quello che avrebbe voluto essere.

Il suo incedere faticoso e lento raccontava di fallimenti, di figli lontani e di donne sbagliate.

Uno zainetto in spalla, grande ma vuoto come i suoi occhi e un’ancora invidiabile folta capigliatura bianca, lasciavano immaginare una vita da raccontare, seduti al tavolo di un bar davanti ad un bicchiere di vino rosso.

Avrei voluto ascoltare quei racconti, chissà quante storie, quanti aneddoti. Ma un colpo di clacson alle mie spalle ha richiamato la mia attenzione al colore del semaforo, non più rosso e al fatto che non c’è tempo per osservare ed ascoltare gli altri. Dobbiamo andare alla nostra meta, chi velocemente a bordo di un’auto e chi lentamente sulle sue gambe stanche.

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