Sebastiano un giorno avrebbe sfondato. Non aveva nulla da invidiare a Sfera Ebbasta, a Salmo, a Gemitaiz. Non aveva ancora compiuto i suoi 16 anni quando il suo video, girato nei giardini sotto casa, aveva raggiunto le 20.000 visualizzazioni. Aveva già scritto altre tre o quattro canzoni che spaccavano e prima o poi qualcuno sicuramente lo avrebbe finalmente notato.
Già lo aveva fatto Claudia, la biondina della 2° B, che fino a quel momento non l’aveva mai cagato. Però era bastato che circolasse la voce sul successo del video, perchè le facesse gli occhi dolci e le chiedesse di diventare la protagonista femminile del prossimo videoclip. Si era pure offerta di aiutarlo in inglese se ne avesse avuto bisogno.
Nel frattempo però doveva andare al supermercato vicino casa per comprare il latte, il pane e altre tre o quattro cose che le aveva chiesto sua madre.
Che due coglioni!
Se non altro avrebbe colto l’occasione per spararsi a palla nelle cuffiette l’ultimo mixtape di Machete.
Adorava ascoltare la musica ad alto volume. Riusciva ad estraniarlo dal mondo, da quel mondo e ad immergerlo nel suo, quello dei rapper. Doveva solo stare attento a non cantare ad alta voce, perché altrimenti avrebbe fatto la figura dello sfigato, però col labiale riusciva a seguire tutti i testi, anche quelli più serrati, in tutte le loro metriche.
Anche in quel tardo pomeriggio, tra gli scaffali del latte e quelli dei biscotti, non esisteva altro che il ritmo incalzante dei suoi autori preferiti.
“Sei bella e triste come Marilyn“
Oscillando la testa, picchiettando la mano sui jeans strappati ma senza accorgersi che erano spariti tutti.
“Yeah, anche se faccio schifo, bitch, marry me…”
Alle 7 di sera di solito c’è parecchia gente tra gli scaffali. Mamme coi figli, coppie, ragazzi, commessi. Ma non quella sera, non in quel momento.
“Yeah, la paranoia chiama, metto giù e richiama“
Con una mano tirava il piccolo carrellino, con l’altra teneva il fogliettino con la lista che sua madre aveva scritto con la penna blu mentre il collo continuava a far muovere la testa e le labbra cantavano in play-back
“Non metterti con me, sono un figlio di puttana”
Per quello fu colto di sorpresa quando si ritrovò improvvisamente davanti quel ragazzo, con lo sguardo allucinato e l’espressione feroce. Urlava qualcosa, qualcosa che le sue fighissime cuffiette gli impedivano di percepire.
“Bella e triste come Marilyn”
“Yeah, anche se faccio schifo, bitch, marry me…”
Fu solo quando quello puntò la canna del fucile verso di lui che capì.
Troppo tardi. Anche solo per tentare di mettere inutilmente le mani avanti e proteggersi dagli spari.
Il bagliore del lampo della polvere da sparo, il calore lacerante sul petto, le cuffiette che volavano lontano continuando in un ronzio il loro ritmo.
“Yeah, anche se faccio schifo, bitch, marry me…”
L’indomani sul giornale l’apertura sarebbe stata con:
STRAGE AL SUPERMERCATO
8 le vittime, tra cui l’attentatore e una ventina di feriti tra cui molti in gravi condizioni. Questo è il bilancio della tragedia avvenuta ad un supermercato alla periferia di Milano per mano di un folle estremista.

Quando vedo “cuffiette nelle orecchie” so già in partenza che finisce male. Non è questione di se, ma solo di quando. Anche le aggressioni per strada, che sia per stupro o per rapina o per qualunque altra cosa, chi non ha modo di accorgersi che l’aggressione sta arrivando è automaticamente una vittima designata. Credo che questa sia inventata, ma spero che serva a qualcuno per aprire gli occhi (e le orecchie!) perché è molto realistica.
la storia è inventata, ma mi è venuta in mente mentre facevo la spesa, con le cuffiette e ripensavo al fatto che mio figlio (così come i suoi amici) girano perennemente con le cuffiette alle orecchie
E’ la prima cosa che viene detta nei corsi di autodifesa, prima di insegnarti come si può schivare un pugno o un coltello: non andare in giro con un bersaglio disegnato sul petto e sulla schiena, perché le cuffiette nelle orecchie sono esattamente questo.
Sembra quasi che la realtà sia più un fastidio che altro ….
cosa intendi dire?
Se intendi nel senso che le cuffiette hanno lo scopo preciso di tenerla fuori, sono d’accordo. Isolamento totale, niente comunicazione, tenere fuori anche la natura, quando si cammina in un bosco o in riva al mare, che regalano la musica più bella del mondo, niente, tutto fuori, lontano dalle proprie orecchie, dalla propria percezione, dal proprio cervello. Fa davvero impressione vedere questo mondo di alieni.
Esatto ! Intendevo dire questo !
ah ok. Ora mi è chiaro. Però è davvero così strano che a quell’età si abbia voglia di estraniarsi da tutto? Io ricordo che mi chiudevo in cameretta per avere il mio isolamento. Eppure sono cresciuto normalmente (più o meno dai) 😉
Ma che bravo questo micione che scrive
(e manco faccio battute, vedi te)
non ti riconosco più
manco io, devo avere la febbre
Mi sono venuti i brividi, davvero… Sarà che anch’io giro sempre con le cuffiette nelle orecchie, è un’abitudine, e prima di iniziare non la capivo nemmeno io… solo nei luoghi chiusi le tolgo
ogni tanto le uso anche io. Quando corro o a volte quando faccio la spesa (da li l’ispirazione del racconto). Certo è che mio figlio e la sua generazione le hanno sempre indosso
Eh lo so, io faccio parte della generazione del ’98 ma in generale universitari/liceali/studenti delle medie con le cuffiette ci vivono
Mamma mia… La storia è raccontata benissimo
Grazie davvero 😉