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Ancora dei sogni

La mia produzione onirica è parecchio attiva nelle ultime settimane.

L’ultima fatica riguarda un sogno che è avvenuto stanotte.

Come sempre il tutto è un po’ confuso e apparentemente senza senso. Alcuni passaggi me li sono ovviamente dimenticati (dovrei pure io tenermi un taccuino sul comodino per appuntarmi i ricordi al risveglio), ma ricordo questi passaggi:

Dovevo camminare per fare un mpo’ di moto con l’obiettivo di andare fino ad un bar a Cascina Gobba (per i non milanesi è una zona periferica di Milano). Una volta entrato nel bar, di cui non ero un cliente abituale, tentavo di fare colazione con cappuccino e brioche. Solo che le brioches non c’erano ma c’era una invitante torta alla crema. Aspettavo diligentemente il mio turno, ma quando è arrivato il mio momento, la torta era finita. La barista però, con fare un po’ spazientito, va nel retro (come nel sogno scorso) per prenderne una nuova. Mi prepara il mio mio cappuccino, taglia una fetta di torta e con tazza e piattino in mano (di vassoi manco l’ombra) cerco un tavolo dove sedermi. Era mattina presto ma il locale era particolarmente pieno con anche gente che giocava a carte. Vedo dei ragazzi che si stanno alzando e mi dirigo verso quel tavolo. Uno di loro però mi si para davanti e con fare minaccioso mi dice che non sono il benvenuto in quel bar. Sono in tanti, io ho il mio piattino e il mio cappuccino e non mi sembra il caso di mettermi a discutere, per cui me ne esco dal bar e mi ritrovo in aperta campagna con l’erba altissima.

Mi sveglio, con un po’ di amaro in bocca, ma senza più voglia di cappuccino e brioche.

PS: non ho mangiato i peperoni ieri sera.

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un passo in avanti

In realtà fino a venerdì scorso ero abbastanza depresso. Continuavo a zoppicare vistosamente e avevo un’autonomia di 50/100 metri prima di dovermi sedere a risposare la gamba che mi faceva male.

Poi sabato c’è stata la svolta. Non so se per l’aria (calda) di Riccione, o la nuotata fino alle boe che sono riuscito a fare in mattinata, ma ho cominciato a sentirmi meglio. Camminavo regolarmente (o quasi) e il dolore era diventato poco più di un fastidio.

A un certo punto, mentre vedevo gli altri giocare a beach tennis, ho chiesto una racchetta per fare 4 palleggi…

I 4 palleggi sono diventati due partite, peraltro vinte, e una maggior consapevolezza del miglioramento.

“quasi quasi domani mattina provo ad anadare a fare una corsettina”...cosa che poi non ho fatto visto che la mattina dopo la gamba era tornata a farmi un po’ male.

Però ho nuotato ancora e ho giocato altri tre set…stavolta più impegnativi, con qualche scatto (nonostante il mio socio mi tenesse a freno per evitare sforzi eccessivi) e una discreta tenuta.

4-6 6-2 6-2…ok abbiamo perso, nonostante l’illusione del primo set vinto, però la notizia era che avevo fatto tre set, quando solo 36 ore prima mi sembrava impossibile.

Certo, il giorno dopo un po’ di indolenzimento muscolare c’era, ma tutto sommato me lo aspettavo dopo oltre 3 settimane di stop.

Ora cammino quasi regolarmente, oggi ho fatto il mio record di passi da quando mi sono infortunato. Oltre 7.000 dice il mio fedele garmin.

Sto pensando domani mattina di provare ad alzarmi all’alba per andare a corricchiare…magari un po’ cammino e un po’ corro…però se ci riesco sarebbe un bel passo avanti.

Vediamo…la notte porta consiglio.

https://image.freepik.com/foto-gratuito/orme-nella-sabbia_2685880.jpg

 

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London first e Paris then

La mia prima esperienza a Londra è andata abbastanza bene.
Fiera interessante anche se parlare con gli indiani (non i pellerossa) è veramente faticoso. Ora capisco il detto “cos’è fai l’Indiano?”. Non si capisce una mazza.
Per il resto della città non sono riuscito a vedere praticamente nulla se non Trafalgar square, ma quel nulla mi è anche piaciuto.
Albergo sufficente, ma con un letto eeenooormeeeee….un vero spreco. Costava ovviamente un occhio della testa e per di più senza breakfast, ma tutto sommato meglio così perchè mi sono fatto una magnifica colazione con deliziosi pancakes in una tavola calda li vicino.
Cucina comunque senza troppe pretese. Sono però uno che col cibo è di bocca buona e posso indifferentemente pranzare seduto per terra con un tuna sandwich e una birra in mano oppure gratificarmi in un bel ristorante del centro con cucina un po’ più sofisticata (tanto più che la cena era scroccata)
L’aspetto piacevole è stato che in questo caso la tavolata veramente multietnica (italiani, inglesi, portoghesi, americani e tedeschi) tanto che alla fine mi sono ritrovato a dover spiegare ad una americana la ricetta per le crescentine….“you do not never never use eggs” e il motivo per cui lo squacquerone è preferibile ad ogni altro formaggio (tra l’altro sentirlo pronunciare in inglese è divertentissimo).
Poi, dopo due giorni di fiera e non so quanti kilometri, anzi miglia, a piedi, mi sono ritrovato su un aereo che mi portava a Parigi. Ovviamente sono arrivato sfinito, niente cena (troppa fatica uscire ancora e camminare) ma birra in mano e rutto libero a gustarmi la partita dell’Inter trasmessa da un canale tedesco (grande il commentatore che urlava “Arrivederci Inter” al primo gol dei tedeschi).

Di questa tre giorni europea cosa mi porto a casa: la voglia di tornare a Londra, la colazione con i pankakes, un puzzle in 3D del big ben per il cucciolo e una vescica al mignolo della zampetta che ancora oggi mi fa zoppicare.

…ah, no, sono tornato con la voglia di scrivere che conto di fare quanto prima, anche se la mia maestra mi dice sempre che “bisogna lavorarci sopra”

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Tutto sgarbellato….


Così mi sono ritrovato dopo.

Avevo da poco iniziato la mia sessione di fisioterapia con la musica che discretamente faceva da sottofondo in palestra, una palestra che grande non è. Lo so bene perchè prima di iniziare a premere il tasto + sul tapis roulant e raggiungere la mia velocità di esercizio, non avevo ancora messo le cuffiette del mio i-phone alle orecchie.

Poi, l’andatura si è fatta un po’ più veloce, non tanto da correre ,ma abbastanza per farsi venire il fiatone e sudare.  Fuori pochi decibel, ma nelle orecchie le chitarre a tutto volume degli AC/DC aiutavano sempre più a spingere sulle gambe mentre il tappeto lentamente si inclinava verso una virtuale salita.

Poi un SMS… la curiosità di leggere (è proprio vero, curiosity killed the cat)….con la mano prendo dentro al filo degli auricolari…..e in un attimo l’i-phone vola sul tappeto che nel frattempo velocemente continua a scorrere sotto i miei piedi.

Istintivamente mi fermo mi giro e mi abbasso tentando di raccogliere lo smartphone caduto, ma vedendolo sparato come un proiettile dal tappeto avrei dovuto capire che l’istinto non mi aveva consigliato bene. In una frazione di secondo faccio la stessa fine del telefonino…..sparato con un fracasso assordante nel bel mezzo della palestra, disturbando la dolce musica di sottofondo che continuava ad essere diffusa dagli altoparlanti, dopo essermi brasato (sgarbellato) la mano e soprattutto la gamba sinistra, quella che ironicamente in quel luogo stavo tentando di rimettere a posto dall’incidente muscolare di fine estate.

Fortunatamente uno dei fisioterapisti era nelle vicinanze e prontamente ha premuto lo stop di emergenza, prima che la scritta Tecnogym fosse indelebilmente impressa su tutto il resto della gamba.

Facendo finta di nulla mi rialzo prontamente sperando di essere passato inosservato, ma gli sguardi spaventati  e allo stesso tempo divertiti di tutti gli altri frequentatori della palestra mi fanno capire quanto fosse vana questa speranza.

Il sangue vivido sulla gamba e sulla mano testimonia il goffo volo che mi sono ritrovato a fare e il battito cardiaco,  che grazie  alla fascetta della Polar che indossavo ha registrato un salto da 140 a 170 bpm,  ne da un’ulteriore riprova.

Dopo il doveroso passaggio a disinfettarmi ho ripreso la mia camminata sul tapis roulant, senza cuffie questa volta e scrivendo mentalmente sulla lavagna cento volte “non devo distrarmi mentre faccio gli esercizi, non  devo distrarmi mentre faccio gli esercizi, non…..”

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oggi è stato un gran giorno

Oggi è stato un gran giorno.
Stamattina sono andato a fare la mia ennesima seduta di fisioterapia, l’11ma da quando ho avuto questo stramaledetto strappo muscolare.
Arrivo in palestra e saluto Stefano, il mio terapista. Prima parte della seduta come al solito tranquilla. Laser, tens, ultrasuoni e ne approfitto per rilassarmi ascoltando un po’ di musica con l’ipod.
Poi si entra nella seconda parte, quella dove si “lavora”. Prima cyclette, poi streching e quindi Stefano incomincia a farmi camminare con l’ausilio di una sola stampella. In realtà questo passaggio l’avevo già fatto ieri e mi sembrava già una gran conquista. Dopo pochi minuti però in maniera decisa mi prende “quella” stampella e mi dice: “ora provaci senza”.
Angoscia, paura, smarrimento. Queste erano le sensazioni che mi sono passate per la testa in quel momento. Però anche un po’ di coraggio ed è con quello ho incominciato a muovere i primi passi. Sgraziati, storpiati, ma li ho fatti. Pazientemente Stefano mi seguiva, mi correggeva. Dopo un mese che non si cammina è incredibile come ci si dimentichi come si fa.
Pian pianino ho incominciato a muovere un po’ meglio i miei passi, quasi fossi un bambino che scopre un nuovo modo di muoversi. Lo sguardo fisso agli specchi per controllare la postura, ma con un sorriso, tirato a dire il vero, che pian piano affiorava sul viso.
Poi addirittura il passo successivo: “vai a metterti le scarpe che ti metto sul tapis roulant”.
Manco mi avesse detto che mi portava sull’ottovolante.
Mi sono seduto un attimo e ho avuto 30 secondi in cui mi sono portato le mani al volto.
“Tutto ok Sylvestro ?”;
“Tutto ok tutto ok, mi allaccio le scarpe e arrivo”.
Dieci minuti di tapis roulant alla velocità più bassa che avessi mai fatto (ma a me sembrava di volare).
Camminavo e pensavo. Pensavo a quanto avessi aspettato questo momento. 4 settimane, 1 giorno, 17 ore e 30 minuti per l’esattezza.
Però ero felice. Felice come da un bel pò non mi accadeva.
Anche Stefano (un angelo per me) era soddisfatto. Forse per lui è più di routine, ma continuava a farmi i complimenti per il risultato incitandomi.
Quello che non sapeva però era che in quei 30 secondi, prima di allacciarmi le scarpe, i miei occhi si erano fatti lucidi una volta tanto non per il dolore ma per la gioia.

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