Ieri è stata una gioranta tosta, molto tosta in ufficio da me.
Fin dalle 7 di mattina sono arrivate notizie di problemi ad una produzione di un settimanale molto importante che gestisco. Problemi che avrebbero potuto far perdere l’uscita e conseguentemente creare un danno di molti molti soldi.
Non voglio raccontarvi la cronaca della giornata che come potrete immaginare è stata moooolto intensa. Stamattina mi sono tolto la curiosità di contare le telefonate fatte o ricevute per gestire questa “emergenza”…ne mancavano 8 per arrivare alla tripla cifra, non male. Anche l’ascella pezzata era un discreto indicatore delle difficoltà di giornata.
Però è il mio lavoro e mi pagano per gestire situazioni come queste, e per quanto quando ci sei nel mezzo ti metti a sacramentare in ostrogoto, alla fine provi una discreta soddisfazione quando, come in questo caso, riesci a venirne fuori con, tutto sommato, danni limitati. A maggior ragione quando hai l’occasione di lavorare di squadra, con l’aiuto dei tuoi collaboratori, dei fornitori…insomma con un bel lavoro di coordinamento dove però tutti si rimboccano le maniche e si fanno in quattro. Insomma posso proprio dire che la pagnotta per questa giornata ce l’eravamo proprio guadagnata.
In tutto questo però, c’è stato un neo. Una banalissima didascalia, che per vari motivi, è saltata sulla copertina. Per carità, NESSUNO tra i normali lettori se ne accorge, di certo non pregiudica la qualità e la vendibilità del prodotto. Però l’errore c’è e la cosa arriva al mio capo.
E lui si mette a guardare il dito. Non si preoccupa di capire il rischio che abbiamo corso e come è stato gestito, ma si mette alla ricerca di chi ha fatto saltare quella piccola didascalia. Vuole il colpevole. E vuole che lo cerchi io.
Un colpevole ovviamente non c’è ma ce n’è più di uno. Un piccolo errore che ne ha causato un’altro e poi un’altro ancora fino a far saltare quella fottutissima scritta. Il classico concorso di colpa, figlio della fretta con cui ormai dobbiamo tutti lavorare. Capita. Solo chi non fa un cazzo non sbaglia mai.
Ma lui insiste, “fammi una relazione e dimmi chi ha sbagliato”.
Ecco, allora la voglia di mandarlo sale prepotentemente. Dio quanto darei poterlo fare, poterlo urlare…