Luci e ombre. Poche le prime e tante le seconde.
Partiamo dal controllo dei tre mesi. Del tumore grosso come una pallina da ping pong ne è rimasto solo una piccola ombra aggrappata al nervo ottico. Finchè rimane piccola non desta preoccupazioni. Sarà la nostra spada di Damocle.
Il resto però ci preoccupa di più.
Il responso dell’endocrinologo non è buono. L’ipofisi è definitivamente compromessa e non può più generare gli ormoni di cui lui avrebbe bisogno. Sarà necessario intervenire con una cura ad hoc. Però anche qui il quadro è un po’ sfocato:
la crescita sembra abbia ancora qualche margine di miglioramento. Lui è oggettivamente bassino (159cm.) e se potesse guadagnare qualche centimetro male non gli farebbe. Ma allo stesso tempo anche lo sviluppo è stato interrotto a metà. Ciò vuol dire che anche in questo caso bisogna intervenire artificialmente per farlo uscire dalla pubertà. Però gli ormoni della crescita inibiscono quelli dello sviluppo e viceversa, per cui i medici dovranno capire bene come e quando intervenire.
Inoltre tutto questo non consente al suo metabolismo di lavorare correttamente, per cui si ritrova, nonostante la sua dieta ferrea, a non perdere peso.
Nel frattempo lui è sempre più fragile. Il mio guerriero di cristallo.
Basta un minimo contrattempo per farlo andare in ansia, sfociando in crisi vere e proprie. Un’interrogazione, il controllo del peso, un piccolo disappunto. Il problema però è che non ha solo una crisi, con pianti isterici e difficoltà respiratorie, ma arriva ad avere fenomeni di autolesionismo. Si gratta compulsivamente le braccia fino a farle sanguinare, si strappa i capelli (addirittura una volta in cui noi non eravamo con lui se li è rasati a zero).
La sua ex fidanzatina (sono rimasti però amici) ci ha chiamato preoccupata per i discorsi che gli ha sentito fare.
Abbiamo paura a lasciarlo da solo e ci siamo organizzati per stare sempre con lui a casa, soprattutto quando ha scuola e interrogazioni on line.
Inoltre gli abbiamo creato intorno a lui una sorta di team cuscinetto per aiutarlo ad uscire da questo suo momento così complicato: Un paio di ragazzi che gli fanno da tutor per lo studio; un nutrizionista per l’alimentazione; un personal trainer per la sua ripresa fisica; lo psicologo; il coinvolgimento degli insegnanti e un piano didattico mirato per le sue possibilità. Una squadra vera e propria (oltre a noi genitori ovviamente) che lavora per lui.
Oltre a questo stiamo cercando di metterlo in contatto con persone che hanno passato quello che ha passato lui e che a distanza di tempo ne sono usciti con successo. Così che possa avere anche dei modelli di riferimento per vedere il futuro ancora positivamente.
Lui deve ancora metabolizzare ciò che gli è accaduto. Forse dobbiamo farlo anche noi.
Penso che il tempo sarà la più efficace delle medicine.
Questa è una maratona. Ne usciremo solo con la giusta dose di resilienza (parola che odio).
