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Ricordi onirici

Stanotte ho sognato, anzi ormai era mattina. Però non erano i soliti sogni di guerra che a volte mi allietano (emh) la notte ma qualcosa di diverso che provo a spiegarvi nella speranza che qualcuno possa darmi un’interpretazione (io sono negato).

In questo sogno ricevevo la visita di parenti e amici lontani, erano diverse famiglie e in totale eravamo 17 (così magari scappa qualche numero da giocare al lotto). Mi ero offerto di accompagnarli in una gelateria vicino a casa nostra dove fanno il gelato davvero buono. Una dei parenti però era stata categorica e di nascosto mi aveva dato 70 euro per pagare i gelati chiedendomi però di occuparmene io. Pazientemente mi metto vicino al bancone e uno a uno faccio da intermediario tra il gelataio e il parente di turno (grandi e bambini) che esprime i propri gusti e le proprie preferenze se lo vuole in coppetta, cono o cialda.

Il tutto mentre nel frattempo chiacchiero con alcuni di loro spiegando il mio lavoro, che cosa faccio, che responsabilità ho e che nella realtà sarei licenziabile senza preavviso ogni giorno. Una di queste mi da del paraculo, come se le stessi sparando grosse.

Nel frattempo, carinamente, una delle creature più piccole (la figlia di cugini) nel prendere il suo gelato mi macchia i pantaloni bianchi di cioccolato. Il papà fa spallucce e io qualche accidenti mentalmente lo tiro ma continuo a sorridere.

Arriva finalmente il mio turno. Ordino la mia cialda con crema, stracciatella e pane e nutella (un gusto buonissimo) e do i 70 euro alla gelataia che va nel retro per prendere il resto visto che in cassa non aveva gli spiccioli.

In quel momento con tempismo perfetto, suona la sveglia lasciandomi a bocca asciutta senza il mio gelato.

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Messaggi che fanno male

“Sono un padre separato, rimasto senza lavoro e con gravissimi problemi economici. Rischio letteralmente di andare a vivere in macchina… Le chiedo gentilmente se mi puó dare l’opportunità di candidarmi per attuali posizioni aperte…”

Riceve questo messaggio sul mio profilo linkedin mi ha fatto male. In primo luogo perché ci leggo tutta la disperazione di quest’uomo e secondariamente perché nulla posso per aiutarlo.

E penso sempre che alla fine la vita è fatta tutta di sliding doors, di bivi, di scelte. Come un gigantesco flussogramma operativo che ti dice se scegli A succede questo e se scegli B succede quest’altro. Ma il problema è che non abbiamo una scelta ma ne abbiamo migliaia ed è incredibilmente facile fare una scelta sbagliata e poi magari una seconda per rimediare alla prima che si rivela ancora più deleteria e così via, fino magari ritrovarsi a scrivere mail come questa.

Io ringrazio il cielo che nelle tante scelte sbagliate che mi sono ritrovato a fare, per culo o per istinto, non mi sono ritrovato in un vicolo cieco come ques’uomo disperato.

Le auguro di uscire da quel groviglio di fili nel quale si è ritrovato legato.

Nel frattempo se sento che cercano qualcuno glielo faccio sapere.

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I love my job

Il gruppo di FB di cui faccio parte propone spesso temi interessanti di cui discutere.

Oggi la proposta era di parlare del proprio lavoro.

Questo è quello che ho detto del mio.

Ho la fortuna di fare un lavoro che adoro. Mi fa stare in mezzo ai libri, alle riviste, alla carta stampata.

Mi sono innamorato di “queste cose” quando da piccolo andai a vedere come stampavano i giornali.

Ho studiato grafica e sono un “semplice” perito grafico (più perito che grafico ormai).

Ho iniziato facendo i turni (anche di notte) in aziende che stampavano per poi fare il salto della barricata e andare nel magico mondo dell’editoria. Quasi sempre tra i libri ma a volte, e negli ultimi anni, con le riviste.

Adoro il mio lavoro perchè a volte sembra di essere E.R medici in prima linea. Se c’è un problema devi risolverlo velocemente, facendo andare sinapsi, braccia e telefono velocemente.

Adoro il mio lavoro perchè non posso farlo da solo ma con la collaborazione dei miei colleghi. La mia squadra. A volte si discute, ma spesso si ride e si sorride, mentre salviamo qualche rivista dal ritardo sicuro.

Adoro il mio lavoro ma a volte mi stanno sul caxxo i miei capi o qualche collega. Ma suvvia, non si può vivere in un mondo perfetto.

Adoro il mio lavoro perchè di tanto in tanto mi fa andare tra le rotative, parlando con macchinisti che parlano in dialetto ma con cui riesco a trovare un buon modo di comunicare, fatto di rispetto reciproco. Loro perchè in fin dei conti sono il cliente e mio perchè so benissimo che nel loro lavoro sono molto più bravi di me.

Adoro il mio lavoro perchè c’è un misto di industriale e di artigianale. Ci sono macchine da stampa che costano milioni di euro e altre che devono lavorare con un filo di ferro che fa girare il tutto.Ma in un modo o nell’altro i libri o le riviste vengono prodotti.

Adoro il mio lavoro perchè mi ha permesso anche di insegnarlo a chi, in questo mondo, ambisce di lavorarci.

Adoro il mio lavoro perchè mi ha fatto conoscere scrittori e giornalisti.

Adoro il mio lavoro perchè è fatto da bianchi e neri e da 4 colori in grado di riprodurne mille (il cyan il magenta, il giallo e il nero).

Insomma, per chi non l’avesse capito, se dovessi tornare indietro sceglierei di fare ancora questo mestiere.

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Ma che cazzo…

Già mi chiedo che cosa ci sia da festeggiare nel raggiungere le 52 primavere.

Però la mia azienda devo dire che mi ha fatto proprio dei regali di merda.

Un direttore del personale, antipatico e antiempatico (si dirà così?) che mi chiede dei soldi, un presidente che fa il precisino fuori tempo massimo, un collaboratore permaloso (più del suo capo e credetemi non è cosa semplice) che mi piazza una malattia strategica nel giorno sbagliato, un altro che “sbotta” in riunione costringendomi a sudare sette camice per tentare di calmarlo, fortunatamente con buona riuscita.

Aggiungete un po’ di problemi di qualità e di ritardo assortiti…ed ecco il mio venerdì-lunedì.

Mi accontentavo di una cravatta, anche bruttina.

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Pensieri di mezza estate

Il lavoro stranamente in questi giorni si svolge con pigrizia. Non che non ce ne sia da fare, ma con ritmi più tranquilli…ma so già che mi pentirò di queste mie parole in 3,2,1….(ndr. è infatti puntualmente successo )

Nel frattempo rimango in attesa di quel secondo colloquio, che potrebbe chiarirmi meglio ciò potrebbe essere il mio futuro lavorativo…e le attese, si sa, sono spesso snervanti. Quando ca…o mi chiamano?!! Ormai controllo telefono e mail ogni momento. Forse sto creandomi delle aspettative eccessive, rischiando l’ennesima palata in faccia.

Poi penso alla musica. A quello che è stato il più bel concerto che abbia mai vissuto e a come continui a lasciarmi dentro sensazioni molto forti, brividi direi. Era solo settimana scorsa che mi trovavo con mio figlio immerso in quello spettacolo…e la cosa buffa è che tra luci, effetti laser, fuochi d’artificio e quant’altro, quello che più di tutto mi rimane in mente è la pioggia di coriandoli colorati in cui sia Chris Martin che noi eravamo immersi. Vedo ancora ora tantissime foto e video e continuo a rimanerne affascinato. Sembra quasi una pioggia liberatoria, purificatrice, in ogni caso gioiosa (nel video al minuto 2 e 45 per avere un’idea)

Però io sono un soldatino e sabato ho un altro signor concerto da vedere, quello degli U2 a Roma. E non sia mai che vada impreparato, per cui cerco di tralasciare per un po’ i Col(d)play (la D nel nome non vuole saltare fuori mai dalla tastiera quando digito questa parola) e fare una full immersion di Bono e C. Ho visto la scaletta probabile…la partenza è al fulmicotone, manco partissero dai bis di fine concerto, anche se ce ne sono tante di canzoni che comunque non faranno nonostante io trovi siano bellissime. Temo solo che, questa volta, essendo seduto in tribuna, il livello di coinvolgimento sia un po’ minore. Ma me ne farò una ragione…

Con la corsa invece sto facendo un po’ fatica. Sabato sono andato a correre al mare…oltre che col mio socio con mio padre e una sua “arzilla” compagna di squadra, una simpatica over 60 che, insieme a mio padre, ci ha tirato il collo per gli 11 chilometri corsi assieme. Urge una tabella da seguire e del metodo nell’applicarsi.

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Colloqui

Adoro i colloqui, quelli che si fanno davanti a uno spritz, a un caffè o anche quelli di lavoro.

E’ di quest’ultimo che vorrei parlare.

Mi piacciono i colloqui di lavoro, a prescindere da quale parte del tavolo devo sedermi. Il lavoro spesso viene vissuto come un’incombenza non piacevole, un dovere…a volte è realmente così, per un motivo o per l’altro.

Però trovo sia affascinante quando si ha la fortuna di ascoltare qualcuno con la passione dentro. Come descrive quali sono i suoi compiti, le sue responsabilità, in quali casi un suo intervento è stato decisivo per un’operazione di successo o come si possa percepire il valore aggiunto nel suo operato quotidiano.

Ieri ero io dall’altra parte del tavolo. Un cacciatore di teste mi aveva intercettato telefonicamente settimana scorsa e mi ha chiesto un appuntamento per una posizione che stanno cercando e io ero nelle veste di potenziale candidato.

Un po’ di nervosismo prima, stemperato ascoltando i colplay nelle cuffiette mentre andavo all’appuntamento, ma poi una volta entrati in scena mi sono sciolto e ho recitato la mia parte, direi abbastanza bene. Non mi è stato difficile perchè al di là di tutto il mio lavoro mi piace sempre (sono gli interlocutori che invece a volte non sopporto) e perchè, ormai, un po’ di esperienza, anche nei colloqui, me la sono fatta.

Ho descritto cosa faccio, cosa ho fatto, ho fatto esempi concreti di episodi in cui il mio intervento è stato decisivo. Ho raccontato una metafora del nostro lavoro e ho dato buone motivazioni sui motivi per cui potrei valutare positivamente un cambiamento (in realtà ho fatto un piccolo passo falso che il mio intelocutore mi ha fatto discretamente notare, più che altro per non enfatizzarlo in eventuali fasi successive di colloquio).

Il profilo che cercano sembra sia molto allineato al mio. Non mi ha potuto ancora dire il nome dell’editore che è alla ricerca ma, essendo il nostro mondo abbastanza piccolo, non mi è stato difficile intercettare quale potrebbe essere.

Rimaniamo sempre in serie A, d’altronde sono ormai pochi quelli che possono permettersi un head hunter per cercare una posizione da ricoprire.

Mi ha anticipato che molto probabilmente ci sarà un seguito a questo colloquio già in tempi brevi, forse già settimana prossima.

Avrei proprio voglia, o forse bisogno, di cambiare.

Io incrocio le zampette…

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I Love this job…un po’ come il Tetris

Si perchè nonostante le mie mille lamentele, in fondo a me questo lavoro piace.

Mi piace anche quando avrei mille motivi, come oggi, per dire “che giornata di merda” e invece gongolo soddisfatto.

Perchè in fin dei conti la parte più tranquilla e serena della giornata è stata quando il mio dentista mi ha infilato il trapano in bocca per un paio di otturazioni, e questo avveniva di prima mattina.

Da li in poi è iniziato il delirio. Un lavoro importante in ballo (fra i tanti), e decisioni improvvise che hanno rimesso in discussione il tutto, più volte nell’arco della giornata. Ed è li che inizia la rumba. Telefonate frenetiche, calcoli fatti a mente, mentre ti dicono “si potrebbe fare così oppure così” e tu in maniera istintiva e ragionata (adoro gli ossimori) rispondi in un attimo “facciamo così”.

Adoro essere al centro della tempesta perfetta, nel ventre dell’onda gigante, dove ti trovi a surfare fra informazioni e ordini, sfiorando con la mano l’acqua consapevole che il minimo errore sarebbe fatale.

Una volta mi hanno detto “quando sei sotto pressione rendi di più”…e penso avessero ragione. Novantadue telefonate (senza considerare mail e whatsup) a una quindicina di interlocutori nel giro di qualche ora ne sono la dimostrazione. Ovviamente gran parte avvenute in auto (con l’auricolare sia chiaro), schivando auto impazzite e motorini kamikaze…alla faccia di chi dice che solo le donne sanno essere multitasking.

Il mio capo poi sembrava si fosse innamorato di me. Delle 92 una ventina erano solo le sue. Chiamavano lui per avere risposte e lui chiamava me perchè non sapeva che dire… senza sapere che nel frattempo me le avevano già chieste e io le avevo già fornite.  E poi rispondere con strafottente sicumera ai suoi dubbi…

  • prova a verificare se è possibile…
  • già fatto
  • anche nel caso in cui…
  • si, anche nel caso in cui…
  • però assicurati con Pippo che non ci siano rischi…
  • Tranquillo, ne ho già parlato con lui 10 minuti fa…

Chiamare, ascoltare, decidere, condividere…e riuscire a farlo pure sorridendo, prendendo per il culo l’interista che si vanta ancora del suo triplete o promettendo un caffè la prima volta che ci vediamo.

A Tetris ero un campione. Avete presente quel giochino dove pezzi di forme diverse cadono sempre più velocemente e tu devi altrettanto velocemente incastrarli perfettamente? Velocità e istinto. Ecco, oggi ho fatto un bel punteggio nel mio Tetris.

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per il titolo ci devo ancora pensare

Non so come intitolare un post dove devo parlare della Stramilano che è alle porte e del lavoro che mi da da pensare.

E’ qualche giorno che ho i criceti in testa che corrono molto più di quello che faccio io. Il mio capo, quello con cui non ho mai trovato feeling, ha pensato bene di dirmi, via mail, che faremo un trasloco e quale sarà la nostra nuova sistemazione, ovviamente come polli in batteria. Con l’occasione ha pensato bene di chiedermi pure come fare per ridurre di due unità il mio staff. Notare che avevamo parlato al telefono 10 minuti prima, ma se ne era guardato bene dall’anticiparmi qualcosa. La parola condivisione non deve far proprio parte del suo vocabolario.

Nel frattempo una serie di rogne a catena si è abbattuta sul lavoro che seguo insieme ai miei collaboratori…mancavano solo le cavallette…guardando la cosa da un altro punto di vista la giornata passa in fretta…non fai tempo ad accendere il PC che ti ritrovi alle 20 senza nemmeno accorgetene.

Certo, chi raccoglie i pomodori o i minatori del Sulcis hanno giornate ben più pesanti della mia…ma la cosa non mi consola più di tanto.

Domenica avrò un paio d’ore (spero scarse) per pensarci su mentre scorrazzo tra le vie di Milano in braghette corte e canottiera.

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Il dado è tratto

Ringrazio il dottore e accetto l’offerta.

Nel giro di poche ore mille pensieri hanno affollato (stranamente) la mia testa.

Cambio senza cambiare.

Cambio lavoro senza cambiare il datore di lavoro.

Solo io sono capace di queste imprese.

Se ho fatto bene oppure no lo scopriremo solo vivendo (pure Battisti mi metto a citare).

Per il momento ho preso la mia decisione sulla base di ciò che so e sento oggi.

Oggi non ho corso. Stasera vado a giocare a beach tennis…farò cagare.

 

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faccio cose, vedo gente

…in ordine sparso:

Sylvestrino ha fatto la sua gara. Mi ha fatto andare fino in Puglia per portarcelo. LA gara è andata benino, ha vinto con chi doveva vincere e ha perso con chi era più forte. Però si è divertito e si è fatto una nuova esperienza. Mi ha detto che anche per il prossimo anno vuole proseguire e ciò significa che gli piace questo sport. A me basta questo.

Al lavoro mi sono sentito fare un paio di complimenti nel giro di due giorni. Non pensate subito male, si tratta di colleghi e collaboratori. Il primo è uno di quelli che, in scadenza di contratto “sono riuscito a piazzare”. Nel salutarmi e nel ringraziarmi per gli anni passati insieme mi ha detto che sono un bravo capo, “perchè parli con le persone e non coi dipendenti”. Queste piccole perle valgono tanti gropponi amari che ogni tanto mi tocca ingoiare. Un altro invece mi ha semplicemente detto che avevo fatto un bel lavoro (una presentazione con delle analisi di dati…roba pallosissima). Però detto da uno che non è il mio capo e che non ha nessun interesse personale…beh, anche in questo caso mi ha fatto piacere.

A bologna, per la fiera del libro, c’era la solita umanità. Editori annoiati, giovani illustratori con tante speranze, fornitori indaffarati. Ho passato la mia giornata a parlare con gente da tutto il mondo. Nell’ordine: Korea, Cina, Usa, Scozia (ma davvero riesci a capire il suo accento?) Belgio, Polonia….Una torre di Babele editoriale.

Domani riprendo a tenere le lezioni al mio solito master. E’ sempre una bella esperienza quella di spiegare e parlare a un gruppo di neolareati curiosi. Hanno il futuro davanti e quella luce negli occhi che ancora brilla.

A proposito di luce negli occhi, Sylvestrino in questi giorni è qui con me per le vacanze di Pasqua. Cioè, in questo momento è coi nonni e sta facendo brillare i loro di occhi. Stasera me lo porto con me a beach tennis…”sappi che però non tiferò per te”….proprio vero…i figli so’ piezz’e core.

foto presa da percorsofotografia.blogspot.com

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