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Delle regole del blog e dei libri belli

Quando ho aperto il blog mi ero dato poche semplici regole da seguire.

Almeno un paio di post alla settimana, non troppo lunghi da leggere in un paio di minuti e corredati con un video, meglio se con una foto.

Ecco…sulla prima regola sto marcando veramente male.

Non è che non ho cose da dire…ma è la testa per trasferirle nero su bianco che manca.

Comunque oggi, con lo spirito di un autore un po’ scazzato che deve per contratto consegnare un testo da pubblicare al suo editore (devo fare qualcosa per il mio ego che sta diventando bulimico), vi parlo di uno dei libri che ho letto recentemente.

L’ultima settimana di settembre di Lorenzo Licalzi, autore che io amo.

E’ la storia di un rapporto, tra un nonno che pensava di non aver più nulla da dare ed un nipote quindicenne che non sapeva di poter dare così tanto.

Il tutto on the road, come nei migliori film, con un cane ingombrante, un’auto d’altri tempi e tanti personaggi che definirli di contorno è riduttivo.

Licalzi ha la capacità di far ridere e commuovere nell’arco di poche righe e in questo romanzo ci è riuscito benissimo.

Se vi piace leggere e lasciarvi toccare dai sentimenti, ve lo consiglio vivamente.

Io nel frattempo penso con ansia ai 35 km che dovrò farmi domani per allenamento. La mia tabella di marcia su Venezia procede tutto sommato bene e domani svalico il punto più duro di questi mesi di preparazione.

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Un lungo fortissimo abbraccio

Avrei tante cose di cui parlare ma poca testa per farlo.

Colgo allora l’occasione per un tema che nasce da un libro letto recentemente, Un lungo fortissimo abbraccio di Lorenzo Licalzi.

A parte che lui lo adoro per la sua ironia, ma in questo romanzo sviluppa un tema di cui poter chiacchierare sotto l’ombrellone nei prossimi mesi al mare: L’immortalità.

La storia si svolge in un futuro in cui l’età media dell’uomo supera i 100 anni ma dove talvolta, una malattia degenerativa, colpisce i tessuti corporei degli uomini lasciando però intatto il cervello.

Ecco quindi che il nostro protagonista, in maniera sperimentale, si presta ad un trapianto mai tentato prima, quello del cervello nel corpo di un altro uomo.

Ci ritroviamo quindi con un cervello ottantenne nel corpo di un giovane ragazzo ventenne, donatore appena deceduto, con una serie di risvolti non trascurabili. Primo fra tutti quello di avere una moglie, di cui peraltro è ancora innamorato, che continua ad avere settant’anni e che si ritrova ad avere per casa un giovinotto scambiato dai più per un giovane toy-boy.

Inoltre un’esuberanza fisica, tipica di quell’età giovanile, accompagnata però dall’esperienza di un uomo che la vita l’ha vissuta ampiamente.

Ecco, pensavo allora al fatto che, forse, ammettendolo a denti stretti, sarebbe il sogno di tutti noi. Poter rivivere in un corpo “giovane” con l’esperienza di uomo maturo.

Di prima battuta avrei detto che per me non è così, che sono fiero dei miei pochi capelli brizzolati delle mie maniglie dell’amore e del mio mal di schiena che si presenta puntuale con l’umidità. Però questo mio inseguire la forma fisica, voler correre le maratone, giocare a beach tennis buttandomi nella sabbia come un ragazzino…beh, non sono in fin dei conti un voler fermare o almeno rallentare le lancette del mio organismo biologico?

Che poi d’altro canto, a vent’anni non avrei mai potuto e soprattutto voluto affrontare una maratona, non ne avrei avuto la testa e la determinazione.

E perchè faccio questo? Solo per poter essere “meglio” degli altri nella mia miglior forma di antagonismo (io di più), o per poter sognare di poter riportare indietro le lancette e far prendere alla mia vita un percorso diverso da quello che ha preso che gli ho fatto prendere?

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