Lavorativamente parlando il momento fa abbastanza cagare. Riguardandomi indietro non ricordo un periodo così prolungato pieno di insoddisfazioni e problemi come quello che sto vivendo da diversi mesi.
Ammetto, entro in ufficio la mattina con una sensazione di nausea che mi porto poi per tutto il giorno, finanche a casa.
Sono pagato per dirigere un ufficio che deve produrre. Nei tempi previsti, con la qualità richiesta e spendendo quanto meno possibile.
Per fare ciò mi avvalgo della collaborazione di una ventina di persone…ragazzi giovanissimi, padri di famiglia, madri che si fanno in 4, “vecchietti” che ormai non vedono l’ora di godersi la pensione.
La mia azienda non mi paga per curare il benessere dei miei collaboratori. Prima c’è il profitto e io diligentemente lavoro con quel obiettivo.
In autunno, durante la preparazione del budget, momento chiave in azienda in cui si pongono gli obiettivi per l’anno successivo, tra quelli dati a me ce ne fu uno pesante come un macigno.
Si intitolava Meno quattro.
Quattro risorse in meno nel mio staff, in un momento in cui la complessità del lavoro cresce invece esponenzialmente.
Rimpiango ancora oggi di non aver lottato di più per spiegare quanto fosse improponibile quel obiettivo.
Però l’ho fatto mio.
Uno se ne va in pensione, lo invidio un po’.
Uno l’ho ricollocato all’interno del gruppo.
Rimanevano due collaboratori “atipici”, aggettivo di pessimo gusto per indicare chi non ha un contratto a tempo indeterminato. Due ragazzi giovani e bravi, di quelli che, forse proprio perché precari, sgobbano come dei matti animati però da una passione genuina per ciò che fanno.
Loro due erano per me un cruccio. L’azienda non mi paga per curarmi di loro, ma non posso fare a meno di sentirmi in qualche modo responsabile per loro, per le loro aspettative e la loro carriera, e di conseguenza per la loro capacità di sostentamento.
Ecco, oggi ho avuto la conferma. Sono riuscito a “piazzarli” entrambi in aziende vicine. Merito loro ovviamente, ma mi piace pensare che le loro competenze, elemento chiave per permettere loro di trovare un nuovo lavoro, le abbiano accresciute lavorando con me e con il mio team, e che la mia capacità relazionale, mio tallone d’Achille, sia invece riuscita ad agevolare questo passaggio.
Io ovviamente ho ora un cazzo di problema nel capire come poter gestire le stesse cose di prima col 20% del personale in meno.
Però oggi sono contento per loro e per aver raggiunto il mio obiettivo secondario.
