L’intervento è andato bene. Il 28 luglio 2020 lo ricorderò come il giorno più angosciante e allo stesso tempo felice della mia vita.
Un intervento di quasi 6 ore, a cui si aggiungono i tempi di preparazione. In pratica ho visto mio figlio entrare in sala operatoria alle 8,30 e ho visto il professore che lo ha operato entrare nella nostra stanza quasi 8 ore dopo, dicendoci che l’intervento era andato bene. Il tumore è stato completamente asportato e non sembrano essere lese parti del cervello.
Quando è uscito dalla camera mi sono sciolto in un pianto liberatorio di felicità, identico a quello che avevo avuto il giorno di 16 anni fa in cui un’ostretica mi diede per la prima volta mio figlio in braccio.
Oramai è passata più di una settimana ed è stato un seguirsi di piccoli passi, segnali di una ripresa che sarà ancora lunga. L’uscita dalla terapia intensiva, i primi pasti, le flebo che diminuiscono, i cateteri che spariscono, i primi passi.
Ci vorranno diversi mesi per la conferma della completa ripresa, il medico dice addirittura che ci potrebbe volere un anno per capire se è tutto a posto.
Per il momento le sue difficoltà più grosse sono il raggiungimento di un equilibrio elettrolitico corretto (acqua e sali che ingerisce versus pipì che espelle), la memoria a breve non ancora ripristinata (continua a chiedere ripetutamente le stesse cose a distanza di pochi minuti, sembra un 16 colpito da ahzeimer precoce), la vista ancora molto sfocata ed un tono muscolare ovviamente insufficente.
Però i medici ci dicono che fa parte del normale decorso post-operatorio.
Lui dopo i primi giorni in cui non sembrava rendersi conto di cosa gli era capitato, ora comincia a capire e a reagire, a volte con rabbia, a questo ciclone che ha stravolto la sua vita.
Noi siamo fiduciosi e non vediamo che l’ora che torni a casa.
Lui vuole andare a Riccione (prima che l’estate finisca) e ci ha pure strappato il permesso per un tatuaggio quando tutto sarà finito. Ci sta.