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Come andiamo?

Quante volte ci sentiamo fare questa domanda? O quante volte la facciamo noi?

Quella prima persona plurale è un tentativo di empatia, di condivisione, un modo far sentire il nostro interlocutore sulla stessa nostra barca.

Normalmente rispondo in maniera banale perché spesso è banale il tentativo di empatia.

Ma se non fosse banale la domanda e chi me la ponesse forse oggi risponderei così:

Luci e ombre. Luci che pian piano sembrano diventare un po’ alla volta più luminose e ombre che riescono a sporcare sia pure parzialmente , ma fastidiosamente, l’immagine che ho davanti.

Partiamo dalle luci.

Sylvestrino sta sempre meglio (anche se proprio in questi giorni è a casa con una brutta influenza). L’impatto con il mondo del lavoro è stato finora positivo. Si trova bene coi colleghi e svolge con entusiasmo i suoi compiti. E’ a contatto con il pubblico, ha modo di rinfrescare quotidianamente il suo inglese e lavora per un brand riconosciuto.

Tutto questo lo rende più sicuro con se stesso e con gli altri e nonostante la stanchezza per i turni di lavoro (prevalentemente nei weekend) trova il modo per uscire più spesso con gli amici.

Il tutto aiutato dal suo stato di salute e dalla notevole diminuzione del peso. (il suo endocrinologo è entusiasta del risultato della terapia che sta seguendo) Insomma la luce qui brilla davvero.

Poi ci sono io. I miei problemi di salute si sono ormai risolti. Il COVID mi ha fermato ai box per un paio di settimane e soprattutto ha rallentato la mia ripresa dallo strappo muscolare. Però nonostante questo ho ripreso a correre (moooolto lentamente), ad andare in bici (gravel addicted) e a riprendere la racchetta da padel in mano per le prime partite con gli amici. Direi quindi anche qui luci, coperte però da qualche ombra in campo professionale. Col mio capo ho avuto e sto avendo qualche problema. Stili diversi, approcci diversi, hanno portato a qualche momento di frizione. Però lui è il mio superiore e io mi devo adeguare oppure trovare il modo di cambiare aria. Che mi piacerebbe pure, ma a 56 anni diventa una strada assai complicata. Faccio un lavoro che continua a piacermi ed appassionarmi ma vado in ufficio con un po’ di inquetudine. Mi sento come un nuotatore che dopo aver spinto per tutta la gara arriva all’ultima vasca e sente mancargli le forze. Le bracciate si fanno più pesanti, il ritmo rallenta e tu non vedi l’ora di arrivare a toccare il fondo della vasca che però pare sempre così lontano.

So che messi sui due piatti della bilancia, il peso delle cose positive prevarrebbe decisamente su quelle negative. Però la notte ho ripreso a dormire male, ad avere sogni spiacevole e a risvegliarmi mal volentieri se devo poi andare in ufficio. Certo non tutti i giorni sono così. Magari sono pure io che do peso alle cose più di quel che dovrei che vedo più nero di quel che è realmente. Però rimane quel senso di inquetudine che come poche gocce di colore nero, riesce a rendere grigia tutta la vernice bianca in cui vengono versate.

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La paura di correre

L’ultima corsa fatta risale ad agosto, mentre ero in vacanza. E prima di quella avevo smesso di correre con una certa regolarità, anche se solo per una o due volte la settimana, da giugno.

Non so quale strana fobia mi avesse preso, ma mi era sopraggiunta la paura di correre. Avevo paura di non riuscire, di fare una fatica insostenibile, di farmi male alle giunture. Questo faceva si che ogni minima scusa mi bastasse per evitare di farlo anche quando mi ero già programmato una seduta.

Sono stanco, ho fatto tardi, mi sono dimenticato le scarpe, piove, le cavallette…

Metteteci che pure mio padre, runner molto più assiduo ed efficace di me, sta vivendo in queste settimane la stessa fobia. Nel suo caso per motivi un po’ più fondati, visto che un mesetto fa mi ha chiamato dal pronto soccorso mentre ero a bologna, per dirmi che era caduto, battendo la testa e rimediano punti ed escoriazioni qua e là su tutto il corpo. Ci siamo un po’ spaventati e ho anche passato qualche notte con lui a casa sua per precauzione, risvegliando anche ricordi dolorosi (l’ultima volta che avevo dormito in quella casa era per accudire a mia madre).

Fatto sta che come uno scrittore ha il blocco nell’ispirazione, io mi sono ritrovato col blocco del runner.

Le 5 maratone e la ventina di mezze che avevo corso negli ultimi anni sembravano improvvisamente cancellate come una scritta fatta col gesso sulla lavagna.

Stasera però ce l’ho fatta, sia pure sul tapis-roulant.

Ho fatto la mia consueta seduta di spinning (perchè non corro ma non vuol dire che non faccio attività sportiva) e, cambiata la maglietta e i pantaloncini, mi sono messo sull’attrezzo motorizzato e ho impostato 5 km come obiettivo da percorrere.

Forse più di quelli che avrei dovuto visto la mancanza di abitudine al gesto dopo tanto tempo e soprattutto dopo un’ora di pedalata intensa che comunque si faceva sentire sui quadricipiti e i polpacci. Però se c’è una cosa che non mi fa difetto è la determinazione, almeno in campo sportivo, per cui sia pur a passo di lumaca (pero comunque correndo, non camminando), li ho portati a termine.

Ora mi fanno male le gambe, però sono soddisfatto. Vediamo se riusciamo a dare un minimo di continuità e riprendere un po’ delle vecchie sensazioni.

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Sensazioni ritrovate

Leggera.

Fa quasi impressione il fatto che debba reggere il tuo peso su quella minima superficie. Non da l’idea di sicurezza, di consistenza.

Una sistematina al pacco, su la zip della maglia, casco allacciato e via col primo colpo di pedale…

Click-clack…le scarpette si agganciano e ti senti tutt’uno con lei.

Parlo della mia bici da corsa.

Era appesa al chiodo da 7/8 anni.

Il furto della mia mountain bike mi aveva fatto passare la voglia di pedalare. Forse anche per quello mi ero dato alla corsa, per la mia lunga parentesi da runner.

Poi l’anno scorso, riprendendo con la palestra ho riprovato a pedalare. Spinning, per un anno sempre da fermo, attento più alla musica che a quello che avevo intorno.

La gamba ritrovata mi ha fatto venire voglia di sentire nuovamente il vento in faccia, di sentire quel sottile sibilo dei raggi delle ruote che fendono l’aria.

Certo la bici, non più nuova, deve essere sistemata ancora per bene. Il cambio faceva i capricci, facendomi innervosire.

Però prestare attenzione al traffico, affrontato meno spavaldamente di una volta, tenere il controllo del manubrio molto sensibile, la postura bassa (non me la ricordavo così bassa).

Poi la leggerezza della pedalata, la bici che prende velocità…

Belle sensazioni.

Non vedo l’ora di risalirci sopra.

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The cat is back

Domenica mattina.

Avevo preparato meticolosamente la borsa, andando a ritrovare indumenti nell’armadio che non mettevo da anni.

Indossare i pantaloncini col fondello, la maglia tecnica, le scarpe col tacchetto per agganciare i pedali…

Poi con aria un po’ smarrita e col passo di chi cammina con scarpe inadatte a camminare, mi avvio verso la sala. La trovo con 30 bike quasi tutte ancora libere, un po’ diverse da come me le ricordavo, sembrano tutte molto curate.

Ne scelgo una e comincio a regolare il sellino, all’anca, poi il manubrio, sia in altezza che in lunghezza. L’immancabile rituale preparatorio per la seduta di allenamento.

Finalmente ci salgo sopra. Click-clack…i tacchetti in metallo si agganciano magicamente ai pedali e questi sento che rispondono alla leggera pressione dei piedi.

Un piccolo schermo sul manubrio si accende e comincia a mostrarmi dei numeri. Intuisco si riferiscano alla frequenza di pedalata, alla potenza (non si può più barare) e ad altri dati utili per capire come va l’allenamento.

Intanto la sala comincia a riempirsi. Si conoscono quasi tutti. Alcuni mi guardano un po’ strano, sono lo sconosciuto in questa tribù. Una signora un po’ agè mi fa notare che la mia bike “regala” qualcosa. Penso si riferisca alla potenza segnalata dal computerino.

Intuisco di essermi impossessato della “sua”bike e le chiedo se la vuole lei, ma gentilmente mi dice di non preoccuparmi.

Arriva anche l’insegnante. Sembra sicuro di se e mi sembra ben voluto dagli altri bikers. Da una parte vorrei presentarmi, magari chiedere qualche consiglio, ma come al solito vince un po’ di timidezza e taccio ripromettendomi di farlo a fine lezione.

Si spengono le luci. Sul grande schermo sulla parete partono immagini ad effetto. Anche la musica comincia a far sentire la sua ritmica, inizialmente lenta, per preparare il riscaldamento.

Era 5 anni che non pedalavo.

The cat is back.

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Strane sensazioni

L’altro giorno mio padre ha fatto un piccolo intervento chirurgico. Nulla di grave, una banalissima ernia inguinale, che però l’ha costretto in ospedale per un giorno e poi a casa.

Ho passato quindi una simpatica giornata in ospedale e poi facendo un po’ da “infermiere” a casa.

La memoria non poteva non andare a due anni fa, quando in ospedale c’era mia mamma e quando fare da infermiere era ben più impegnativo. Anche dormire nuovamente a casa dei miei, che poi era casa mia, mi è sembrato strano. Quel letto, col materasso in memory foam, che di memory mi sembrava mi riportasse solo le dolorose sensazioni di quel periodo.

Fortunatamente in questo caso la cosa era molto più soft. Mio padre sta già meglio, anche se si lamenta perchè può mangiare solo minestrine in brodo. Domani mattina prima di partire per Bologna lo porto a trovare la mamma, visto che per un po’ non potrà andare in giro con la sua bicicletta.

Poi mi aspettano 4 giorni di vacanza…più o meno…

Nel frattempo mi hanno invitato al concerto dei Pearl Jam a giugno…non sono tra i miei preferiti, però i concerti mi piacciono, ci sto pensando.

E poi a maggio c’è la reunion dei Tears for Fears…quelli non me li voglio perdere. Li vidi già nel ’90 (almeno mi pare fosse quello il tour) e mi piacquero tantissimo. Piacquero l’ho scritto solo perchè mi riempie la bocca a rileggerlo. A Sylvestrino non glielo chiedo nemmeno. Manco lo sa chi sono…

Chi vuol venire (moto a luogo) alzi la mano.

 

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Ho un po’ di arretrato da raccontare…

Parlo del concerto, della mia settimana di ferie e di Sylvestrino competitivo, del mio colloquio e del mio capo stronzo.

Partiamo dal concerto.

Premettendo che è già bello di per se viaggiare per andare a vedere un concerto, se poi la città è Roma e loro gli U2, capirete che il mix non può che essere perfetto come uno spritz col campari.

Arrivati comodamente nella capitale e preso possesso della nostra camera in quel B/b veramente carino, io e Sylvestino ci siamo concessi un pranzo “alla romana” e un giro bighellonando per la città.

Nel tardo pomeriggio ci siamo avviati verso lo stadio e dopo aver consumato il nostro panino con la salsiccia, come da tradizione, siamo entrati all’olimpico.

Non eravamo molto vicini a dire il vero, però se non altro centrali. Giusto il tempo di sederci (nel posto sbagliato, per ben due volte) che inizia Noel Gallagher, che come riscaldamento è già tanta roba, considerato che ha suonato i pezzi più famosi degli Oasis, alla faccia del fratello cattivo.

Poi l’attesa per l’inizio è passata divertendoci con un tizio davvero fuori di testa che con una testardaggine incredibile, tanto ha fatto e tanto ha urlato che è riuscito, da solo all’inizio e via via coinvolgendo tutti gli altri, a far nascere ondate di ola che hanno coinvolto TUTTO lo stadio e diventando l’idolo della curva. Mi ha fatto ridere la battuta di un vicino…” ‘mo te fanno pure sindaco”

Poi è iniziato il concerto…e l’intensità e la qualità delle prime canzoni (davvero incredibili) è stata inversamente proporzionale allo spettacolo visivo offerto dalla band. Schermo completamente spento, il che visto dalla distanza a cui eravamo, ci ha impedito di vedere alcunchè.

Dopo è iniziata la seconda parte con l’esecuzione integrale dell’album che ha dato il titolo al tour….e li lo schermo si è acceso e ha regalato emozioni anche con per gli occhi. Con Where the streets have no name mi sono davvero emozionato…cantavo (stonato…e lo potrete sentire nel video) con le lacrime agli occhi. Non so nemmeno io perchè…forse perchè quella canzone mi ricordava i miei 20 anni, o forse perchè è davvero una delle canzoni più belle che esistano….però davvero avevo un groppo alla gola (ecco perchè stonavo).

La faccio breve…un concerto fantastico e soprattutto emozionante, intenso. Certo, facendo dei confronti, forse coi Coldplay ci si è sentiti partecipi dello spettacolo che tale è stato per la musica ma non solo, però qui davvero ho visto 30 anni abbondanti della mia vita srotolarsi come la pellicola di un film.

Bono è stato il leader che tutti conosciamo con una prestazione vocale impeccabile, nonostante l’età non più da ragazzino, così come del resto tutta band.

Quando si sono accese le luci davvero spiaceva, perchè avremmo voluto tutti che quella notte non finisse mai.

Una maglietta verde del tour, acquistata alla fine del concerto, aiuterà, se mai ce ne fosse bisogno, a tenere vivo il ricordo di quella serata che ha chiuso il nostro bellissimo triplete di concerti.

La mattina dopo altra passeggiatina per la capitale, con tanto di tappa in San Pietro proprio nel momento dell’angelus. Sia mai che una benedizione del santo padre, possa essere comunque di buon auspicio anche ad un ateo sacrilego come il sottoscritto.

Poi siamo “rientrati” a Riccione…però, come in un cartone di Heidi, di questo vi racconteremo un’altra volta.

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Incompleto

Una i senza il puntino

un quadro senza cornice

un tiro che prende la traversa

un puzzle senza un pezzo

una scala mancata a poker

un tramonto con la foschia

una torta senza ciliegina

una bic senza il cappuccio

una scarpa non lucidata

un mazzo di fiori col raffreddore

A volte è così che mi sento…poi passa.

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Però non ci sono solo tempi e prestazioni

Non ho avuto tempo di parlarne subito, ma concedetemi ancora una parentesi sulla maratona di domenica.

Si perchè nel mio precedente post ho enfatizzato un risultato non raggiunto, ma ce ne sono stati altri raggiunti e goduti.

In primo luogo il piacere di correre per Milano. Si certo, anche con la Stramilano l’ho fatto già altre volte, però passare per piazza del Duomo ha un fascino particolare…ma non solo, piazza della Scala, il castello Sforzesco, ma anche la scenografica parte della vecchia fiera, il parco di Trenno, e tutte quelle zone che francamente bazzico poco.

Poi l’adrenalina della partenza, lo speaker che incita i runners, gli AcDc a palla, il countdown prima del via.

Il pubblico invece è stata una piacevolissima sorpresa. Dopo un weekend con la stramilano e uno con il papa, pensavo che i milanesi fossero esasperati dell’ennesimo blocco del traffico per una corsa. Invece lungo tutti i 42 chilometri solo grida di incitamento e applausi. Sull’ultimo tratto sui bastioni di P.ta Venezia erano tantissimi e formavano uno stretto corridoio che ti spingeva letteralmente. Mi sembrava di essere il vincitore da quanto si facevano sentire urlando anche il mio nome, veramente da groppo alla gola.

In corsa c’erano runners di tutti i tipi. Dai pacers che correvano con l’elmo vikingo a quelli che, nonostante la temperatura tutto sommato primaverile, avevano lo stesso abbigliamento con cui si è soliti uscire in un una rigida mattina di gennaio. E poi russi, francesi, spagnoli, americani…una torre di babele in braghette e scarpe da corsa.

L’organizzazione pressochè impeccabile. Visto l’affluenza pensavo di impiegarci dei minuti dopo lo sparo prima di riuscire a passare sotto lo striscione della partenza, e invece dopo nemmeno due minuti ero già li che correvo. I ristori ben forniti e con tanti volontari che ti passavano acqua , sali o qualche cosa di più solido soprattutto verso la fine. Finanche la medaglia mi è piaciuta. Certo, la maglietta non l’ho ancora avuta visto che le iscrizioni sono state molto superiori alle attese…però confido che arrrivi prima o poi, col suo stilosissimo logo Emporio Armani.

E poi c’è la tenuta fisica. Perchè è vero che sono crollato negli ultimi chilometri, è vero che passato l’arrivo ho DOVUTO sedermi per terra perchè non riuscivo più a stare in piedi…ma è anche vero che già il giorno dopo stavo bene, qualche indolenzimento ma niente di più. E per un gatto con un fisico più da rugbista che da podista, di mezza età, dopo aver corso per 42 chilometri, non è poi male, no?

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Sensazioni

Sbaglio o è un po’ che non parlo di corsa? Vi manca vero?

Sto preparando la maratona di Milano e ormai manca solo un mese. Le sensazioni, fino a qualche giorno fa non erano particolarmente positive. Ogni allenamento lo trovavo faticoso, poco performante. I lunghi fatti con fatica (comunque fatti) e pochi lavori durante la settimana. Per un motivo o per l’altro non trovavo mai il tempo per dedicare il tempo necessario.

Poi mio padre mi ha consigliato il magnesio. “Provalo, un cucchiaino sciolto nell’acqua ogni giorno aiuta contro l’affaticamento muscolare”.

E in effetti alla fine dei miei allenamenti, ho cominciato a sentire meno la sensazione di fatica.

Certo, l’effetto psicologico so che gioca un ruolo fondamentale…ma chissene, come direbbe mio figlio, magari ho trovato il mio doping ideale.

Infine questa settimana la svolta, o almeno lo spero.

Mercoledì un allenamento che non aveva nulla di particolare, un ritmo allegro ma non tiratissimo, ma che mi ha lasciato sensazioni (si sto abusando di questa parola) assolutamente piacevoli.

Stasera invece una bella seduta di ripetute. Era un bel po’ che non ne facevo e anche se ne ho fatte un po’ meno di quello avrei dovuto (altrimenti facevo cenare troppo tardi mio padre) le ho affrontate al ritmo giusto, anzi un po’ più veloce, e soprattutto con, indovinate un po’, sensazioni positivissime. Sarei potuto andare avanti ancora, anzi, mentre sto scrivendo, avrei ancora voglia di mettermi le scarpette e andare a correre nuovamente.

Nel weekend avrò l’ultimo esame serio. Il lungo più lungo di tutta la preparazione. 35 chilometri, mica bruscolini, che però, non mi fanno particolarmente paura.

Poi magari lunedì sarò qui a scrivere che sono stramazzato, che ho fatto una fatica del diavolo…però la sensazione che ho non è questa.

E da settimana prossima comincerò la fase di scarico in vista del mio appuntamento del 2 aprile.

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dei cinema e dei pensieri

Stasera sono andato al cinema, da solo.

Ho iniziato a farlo da qualche settimana, invogliato da una tesserina che mi permette di andarci gratis di tanto in tanto.

Ho visto Lo stagista inaspettato.

Mi è piaciuto un sacco, ve lo consiglio. Un bella commedia che fa sorridere. Poi lui è bravissimo, nei panni di un pensionato che si rimette in gioco, con la sua esperienza, in un mondo lavorativo che non gli appartiene…caso vuole che fosse anche un ex responsabile della stampa…insomma, mi ci sono ritrovato molto.

Poi New York, una fotografia sempre affascinante, Anne Hataway brava nel recitare il ruolo della donna manager, invertendo il ruolo che aveva avuto nel Diavolo veste Prada.

E’ strano vedere un film del genere da soli. Io con la mia cena composta da popcorn e cocacola…

Quando si sono accese le luci sono scappato via subito, come se mi sentissi fuori posto.

Sono uscito e mentre scendevo le scale mobili, guardando la zona dei ristoranti, delle pizzerie, affollati di gente che doveva ancora entrare al cinema o che ci era appena uscito, con quel tipico brusio di sottofondo…beh, mi sono sentito solo.

 

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