Potrebbe essere questo il titolo della mia terza maratona.
Il percorso per arrivarci è stato lungo. In 4 mesi 59 allenamenti, 858 chilometri e tre lunghi oltre i trenta.
Ho corso con oltre trenta gradi e con cinque. Sotto il sole e sotto l’acqua. Di giorno, di notte e osservando qualche alba.
Ho cambiato tabella di allenamento rispetto alle due precedenti. Questa era più impegnativa e l’ho seguita quasi integralmente. Avrò saltato si e no 3 o 4 allenamenti.
Non posso rimproverarmi nulla. Ora devo solo aspettare le prossime 40 ore per presentarmi in pantaloncini e maglietta ai nastri di partenza.
Il fisico l’ho allenato. La mente lo spero. Temo il muro dei 35 ma conto di riuscire ad affrontarlo e superarlo senza crollare.
Nell’ordine ho 4 obiettivi:
- Arrivare in fondo;
- Arrivare in fondo correndo;
- Arrivare in fondo un secondo prima del mio personale di 4 e 26;
- Arrivare in 4 ore e 12 minuti (sembra un tempo bizzarro ma vuol dire farla sotto i 6 minuti al km).
Anzi…a pensarci bene ne ho un quinto. Godermi questa maratona e questa città.
Nel frattempo ieri mi sono capitati due episodi curiosi.
Prima sono andato a fare la visita medica per il beach tennis (ebbene si, continuo ancora a giocarci anche se non ne parlo mai). La visita non era di quelle agonistiche per cui, peso, pressione elettrocardiogramma e bona lì. Durante l’elettrocardiogramma vedo l’espressione perplessa del medico che incomincia a verificare il suo macchinino mentre disegnava allegramente su carta millimetrata il grafico del mio battito cardiaco.
“Complimenti, sa che lei rappresenta il mio record personale di bradicardia? Non mi era mai capitato di trovare qualcuno che a fine giornata avesse 38 pulsazioni al minuto”….e io a pavoneggiarmi con falsissima modestia.
Poi vado alla mia lezione di beach tennis e il mio allenatore, quando mi vede, mi dice: “e tu che ci fai qui a quest’ora? Il tuo turno (che per questa settimana avevo cambiato) è solo fra un’ora e mezza”
Cazzo che pirla…me ne ero dimenticato (toh, sai che novità).
Mi propone: “Vai a farti una corsetta, se vuoi le scarpe te le presto io, tanto ho il 46.”
E così, prima dell’allenamento di BT, eccomi per il centro sportivo a correre, sotto una leggera pioggerella, tra mamme che aspettavano i figli e calciatori che aspettavano di entrare in campo, con l’abbigliamento da beach tennis (praticamente vestito da spiaggia), un paio di scarpe non mie (mi è venuta in mente questa canzone) e le mie spendide calze in filo di scozia blu da ufficio.
Mi è sembrata la degna fine del mio ciclo di allenamenti pre-maratona, senza pensare ai rischi corsi per i piedi e muscoli (a tre giorni dalla gara, con scarpe non mie e quelle calze, i rischi di vesciche e contratture erano concreti), con quel briciolo di incoscenza che è necessario per correre per 4 ore abbondanti.
Ora si va in scena. Su il sipario.
