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C’è ancora speranza

E’ finita anche questa estate e in un modo o nell’altro siamo riusciti a farci due belle settimane di vacanza nella splendida Sicilia.

In gruppo, tre famiglie e con i figlioli che, probabilmente per l’ultima volta, erano con noi. Sono convinto che se non fosse successo quello che è successo, Sylvestrino se ne sarebbe già andato per i cavoli suoi, ma in questo caso ce lo siamo goduti ancora un po’ con noi.

Non è stato sempre facile però. I suoi sbalzi di umore sono terribili, così come i suoi attacchi di panico. E poi dobbiamo sempre fare i conti con la sua stanchezza fisica che non lo molla mai e l’attenzione per l’alimentazione.

In tutto questo abbiamo però vissuto anche uno psicodramma che però è sfociato fortunatamente in una storia bella a lieto fine.

Tra i tanti farmaci che lui prende, ce n’è uno che è più importante degli altri ed è il cortisone. E’ a tutti gli effetti benzina per il suo corpo. Se non prende le sue due pastiglie e mezzo al giorno si spegne come il motore di un’auto senza carburante. E’ un vero e proprio salvavita.

Ecco, incredibilmente siamo riusciti a dimenticarci la dose di scorta per la sua seconda settimana. Non so come possa essere successo perché credetemi abbiamo fatto e rifatto il check di TUTTO quello che serviva dal punto di vista medico. Eravamo una farmacia ambulante.

Però quella cazzo di scatoletta è rimasta a casa. Probabilmente l’abbiamo confusa con un altro farmaco che ha la confezione molto simile.

Siamo partiti di venerdì, ce ne siamo accorti di lunedì e avevamo autonomia fino al giovedì.

Inutile dire quanto ci siamo tormentati per questo imperdonabile errore.

Se fosse stato un farmaco normale non ci sarebbero stati problemi. Ma questo tipo di cortisone non è in vendita sul territorio italiano ed è distribuito solo dalle farmacie degli ospedali.

E’ iniziata la caccia al farmaco, telefonando a tutti gli ospedali (dove però in pieno agosto è quasi impossibile parlare con qualcuno), alla casa farmaceutica e al medico che lo aveva in cura (ovviamente in ferie).

Reperire una scatoletta di quel dannato farmaco in così poco tempo sembrava impossibile, tanto più che avevo ormai acquistato un biglietto per un volo di andata e ritorno da fare in giornata per andare direttamente a prenderlo da casa.

Parallelamente però avevo provato a fare un appello in un gruppo di Facebook dedicato a chi soffre di queste patologie, per vedere se qualcuno ne aveva una scatola da prestarci.

Mi ha risposto un signore di Palermo. Mi ha mandato la foto che confermava che era proprio quello che stavo cercando e che ne aveva una scatola in più (lui ne prende solo al bisogno).

Ci siamo fiondati nel capolouogo e lui, davvero una persona squisita, si è presentato con la scatoletta magica.

Abbiamo chiacchierato per una mezz’oretta, condividendo reciprocamente i problemi con cui dobbiamo confrontarci quotidianamente. Nonostante fosse disoccupato e in una situazione economica, oltre che di salute, davvero difficile, non ha voluto assolutamente nulla in cambio.

“So cosa vuol dire soffrire di questa malattia ed è per me un piacere potere aiutare qualcuno come me”.

Ecco a me questa generosità mi ha commosso.

Mi ha fatto avere ancora fiducia nella umanità delle persone, che di questi tempi pare impresa davvero ardua.

La vita è un soffio di gioia e di dolore, un insieme di attimi...

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Un piccolo aggiornamento

L’intervento è andato bene. Il 28 luglio 2020 lo ricorderò come il giorno più angosciante e allo stesso tempo felice della mia vita.

Un intervento di quasi 6 ore, a cui si aggiungono i tempi di preparazione. In pratica ho visto mio figlio entrare in sala operatoria alle 8,30 e ho visto il professore che lo ha operato entrare nella nostra stanza quasi 8 ore dopo, dicendoci che l’intervento era andato bene. Il tumore è stato completamente asportato e non sembrano essere lese parti del cervello.

Quando è uscito dalla camera mi sono sciolto in un pianto liberatorio di felicità, identico a quello che avevo avuto il giorno di 16 anni fa in cui un’ostretica mi diede per la prima volta mio figlio in braccio.

Oramai è passata più di una settimana ed è stato un seguirsi di piccoli passi, segnali di una ripresa che sarà ancora lunga. L’uscita dalla terapia intensiva, i primi pasti, le flebo che diminuiscono, i cateteri che spariscono, i primi passi.

Ci vorranno diversi mesi per la conferma della completa ripresa, il medico dice addirittura che ci potrebbe volere un anno per capire se è tutto a posto.

Per il momento le sue difficoltà più grosse sono il raggiungimento di un equilibrio elettrolitico corretto (acqua e sali che ingerisce versus pipì che espelle), la memoria a breve non ancora ripristinata (continua a chiedere ripetutamente le stesse cose a distanza di pochi minuti, sembra un 16 colpito da ahzeimer precoce), la vista ancora molto sfocata ed un tono muscolare ovviamente insufficente.

Però i medici ci dicono che fa parte del normale decorso post-operatorio.

Lui dopo i primi giorni in cui non sembrava rendersi conto di cosa gli era capitato, ora comincia a capire e a reagire, a volte con rabbia, a questo ciclone che ha stravolto la sua vita.

Noi siamo fiduciosi e non vediamo che l’ora che torni a casa.

Lui vuole andare a Riccione (prima che l’estate finisca) e ci ha pure strappato il permesso per un tatuaggio quando tutto sarà finito. Ci sta.

Saremo la luce in fondo al tunnel... - Pianeta Verticale Alba ...

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della speranza e delle 7 vite di mamma gatto

In questi giorni non ho scritto. Non me la sentivo. I medici non ci davano speranza e mia madre stava (sta) ogni giorno peggio.

Sabato, dopo aver passato tutta la giornata in ospedale (passo ormai più tempo li che fra le mura domestiche), esco un attimo per una veloce scappata a casa, ma non faccio tempo ad arrivarci che mi chiamano…”Syl vieni qui”. Tre parole dette in maniera perentoria. Non ho manco chiesto cosa era successo, e ho passato quei 10 minuti per ritornare rivedendo tutta la mia vita con lei, da quando mi teneva per mano a quando io tenevo lei per mano.

Mi precipito in corsia, senza salutare nemmeno gli infermieri che ormai conosco abbastanza bene…la trovo sul letto, con una maschera d’ossigeno…ma viva.

Una piccola ischemia, ci spiegherà più tardi la dottoressa, ma intanto penso che con questa siamo arrivati a quota 3 con le vite spese.

Ovviamente la situazione non è certo migliorata, anzi e tralascio le sensazioni e gli stati d’animo vissuti da mio padre e me…ma ieri ci hanno acceso una speranza.

“abbiamo deciso di fare una terapia ormonale intramuscolo…ce l’ha consigliato il primario”.

La felicità di questa inattesa speranza (anche se le probabilità di efficacia sono comunque basse) fa accendere però un dubbio: “perchè solo ora?”

E in effetti scopriamo che è solo grazie ad un intervento di un amico medico, che conosce il dott. tizio che a sua volta conosce il dott. caio che improvvisamente si prova ancora questo tentativo.

Ma mi chiedo…ma se non avevo l’amico medico che conosceva tizio e caio…porca troia. E intanto sono passati 20 giorni da quando lei è stata ricoverata.

Abbiamo sempre avuto la massima fiducia nella struttura pubblica di Niguarda che ritengo assolutamente all’avanguardia. La fiducia se la sono guadagnata sul campo in questi ultimi 5 anni con i risultati ottenuti anche con terapie sperimentali sul mia madre…e questo senza aver mai avuto nessuna corsia preferenziale.

Ora confesso che la fiducia è venuta un po’ meno. Ma questa è la parte vuota del bicchiere. Io ora voglio solo concentrarmi su quella piena, piena di speranza.

https://toscanellodoc.files.wordpress.com/2012/02/bic.jpg

 

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Treni

La sensazione di aver perso un’occasione. La speranza di averla ancora.

Come quel treno a Roma e quella corsa che pensavo inutile ma che inutile non è stata.

Me la ricordo ancora, domenica sera, entrare in stazione, guardare il tabellone delle partenze e vedere che le 17 e 52, ora di partenza di quel treno, erano passate da qualche secondo.

L’indecisione, fortunatamente di un attimo. Correre verso il binario o fermarsi maledicendo il mio ritardo?

E poi vedere quel treno sul binario, inaspettattamente ancora fermo….affrettare la corsa, sapendo che un destino beffardo avrebbe fatto chiudere le porte qualche attimo prima del mio arrivo.

Invece no.

Di solito si maledicono i ritardi delle ferrovie, ma non questa volta.

Chissà se questo treno riesco ancora a prenderlo…io intanto corro.

Giacomo Gabrielli Ag.Toiati INAUGURAZIONE DEL NUOVO TRENO ROMA FIUMICINO LEONARDO EXPRESS.

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