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il colloquio

Oggi ho avuto un colloquio col supermegacapodelpersonale. Uno di quelli che nei film di Fantozzi avrebbe la poltrona in pelle umana.

Di questi tempi quando ti convocano per un incontro a due con personaggi del genere c’è da indossare le mutande di ghisa.

Invece era veramente solo una chiacchierata conoscitiva, visto che non avevamo mai avuto modo di farla prima.

Ho pensato a cosa dover dire e a cosa non dover dire. Mentalmente mi ero fatto tutti i giusti schemi. Evitare lamentele plateali, parlare in positivo, sorridere.

Sono durato 10 minuti. Poi mi ha fatto una domanda diretta alla quale non ho saputo rispondere secondo i miei schemi.

Mi ha chiesto: “ma come va da te?”.

Non bene, ho risposto.

E non è per il mercato. E’ che in questa azienda parliamo di investimenti in tecnologia, in nuovi business, ma non investiamo sulle persone che ci permettono di poterlo fare, su quelli che sono ancora impegnati sull’old economy. Che sarà anche vecchia, ma è quella che oggi ci porta ancora a casa il 90% del fatturato. E senza quel fatturato tutti i bei progetti sul digitale che vengono giustamente enfatizzati, non potremmo nemmeno permetterceli.E quei ragazzi, quelli che lavorano con me, sono dei trentenni che stanno perdendo la speranza, che non vedono una differenza di trattamento tra chi si spacca il culo e chi non fa un cazzo (testuali parole). Sembrano giovani prossimi alla pensione. Stanno perdendo la passione per ciò che fanno, vivono alla giornata, leggono sui giornali che il lavoro che fanno è il passato, non hanno più voglia di imparare, non sono più curiosi. Ed è difficile entrare in ufficio tutte le mattine e cercare le motivazioni da proporre per riaccedere questi meccanismi. Il mercato del lavoro è stagnante. Non c’è più quel minimo di rotazione del mercato del lavoro che permetteva un po’ di ricircolo. Siamo acqua stagnante.

Quindi vorresti più soldi per i tuoi?

Non solo. Anche. A qualcuno vorrei dare un riconoscimento, se non altro per far capire anche agli altri che chi si impegna viene premiato. Ma non è solo questo. Vorrei più formazione e più job rotation, che poi è solo un’altro modo di fare formazione, di imparare un lavoro nuovo.

Gli ho fatto un pippotto di mezz’ora, un fiume in piena. Mi rendevo conto di non parlare da dirigente, ma una volta rotti gli argini non mi tenevo più.

Perà penso di avergli fatto una buona impressione. O forse no. Chissà.

In ogni caso sono uscito da quell’ufficio più sollevato. Avevo un’occasione per dire la mia fuori dai denti e l’ho fatto.

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Il Mourinho dell’azienda

Da qualche mese c’è un nuovo collega a capo di una divisione.

Fin da subito non mi è andato giù. C’erano  aspetti che mi non mi facevano avere il giusto feeling con lui, anche se per motivi di lavoro dobbiamo lavorare a stretto contatto, avendo bisogno l’uno dell’altro.

Un po’ perchè si pone in modo altezzoso, scavando un solco tra lui e gli altri. Un po’ perchè ho capito che favorisce un clima di terrore all’interno del suo team, e questo, oltre che trovarlo personalmente deplorevole dal punto di vista umano,  si ripercuote negativamente sul lavoro mio e soprattutto dei miei collaboratori.

Oggi però, a valle di un’impegnativa riunione in cui ci siamo confrontati (per la cronaca la riunione è finita 0-0), ho capito i reali motivi di questo sentimento di antipatia.

Ha la R moscia (anche io, ma questo che c’entra) e assomiglia a Mourinho. Non fisicamente, ma nel modo di fare.

Lui ha il sapere. Gli altri non sono nessuno.

Il problema è che in fondo in fondo, ma proprio scavando bene, penso che abbia anche ragione.

Mi da l’impressione di essere cazzuto ma terribilmente competente.

Sta a vedere che fra un po’ di tempo ci ritroveremo ad essere amiconi…

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Lo stato di grazia

A volte arriva e lo percepisci. Forte. nitido.

Parlo della mia vita in ufficio. Il periodo è particolare. “Cantieri” (così li chiamano) aperti e odore di riorganizzazione nell’aria.

Vivo questa cosa con serenità, senza preoccuparmi molto del mio futuro. Sono consapevole dei miei mezzi e in qualche modo anche fatalista.

Incontro casualmente il vicepresidente del gruppo mentre esce in ascensore. E’ in compagnia del direttore del personale, sempre del gruppo. Sono i pezzi grossi, quelli che normalmente non incontro nelle riunioni a cui partecipo. Ci si saluta cordialmente, ovvio, ma nella mia testa ero convinto che non sapessero nemmeno il mio nome.

Invece ieri mi vede e mi chiede deciso “Silvestro, come andiamo?” “Bene grazie”, rispondo per cortesia. “Silvestro”, ribadisce il mio cognome fermandosi un momento, “guardi che sto investendo parecchio su di lei”.

Deglutisco.  Mi scappa solo un poco manageriale “Osteria!”, prima di salutare e salire pensieroso in ascensore, senza capire bene il motivo di quelle parole inaspettate.

Rifletto e improvvisamente vedo nitidamente tutti i progetti e i sottoprogetti in cui sono coinvolto prendere forma. Prima non mi era così chiaro cosa dovevo fare, cosa l’azienda si aspettava da me.

Ma ora ho capito. Ho le idee chiare. So quello che devo fare. So cosa dire e cosa chiedere per ottenere il risultato.

Mi sento un po’ come Del Piero che a 20 minuti dalla fine, sullo 0-0, vede l’allenatore voltarsi verso di lui e dire “scaldati, ora entri tu”.

Non gli spiega nulla. Non ha consigli o disposizioni da dargli, perchè  lui conosce già quello che deve fare. L’unica cosa che gli sussurra sottovoce è “mettiti li in mezzo e porta a casa la partita”.

Ecco, quella è la sensazione che sento.

Domani sarà una giornata impegnativa. Tre riunioni nel pomeriggio tutte e tre importanti. In tutte e tre devo portare a casa un risultato. Devo essere lucido. Sono giorni che le preparo, ma oggi ho chiamato i miei collaboratori e ho modificato un po’ il taglio delle presentazioni. Ho spiegato loro cosa volevo e perchè. Mi hanno seguito e abbiamo macinato dati, tabelle numeri finchè non abbiamo ottenuto quello che volevo.

Domani mattina ridisegno la presentazione in powerpoint con loro. Avevo pensato di farlo stasera da casa, per portarmi avanti col lavoro.  Ma ho pensato che sarebbe stato più giusto farlo con loro,  domani mattina. Con le ore contate e l’ansia di riuscire a mettere tutto in ordine appena in tempo per la riunione, magari mangiando un panino davanti allo schermo del pc.

Sono sicuro che ci sarà da sacramentare, che qualcosa non andrà per il verso giusto e che mentre scorrerò le slides troverò qualche punto che non era come volevo.

Ma deve scorrere l’adrenalina. I risultati migliori si ottengono quando sai di non aver modo di rileggere, di controllare, di correggere.

Quando lo stato di grazia ti assiste….

 

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Dalla Cina con furore

A volte capita che soddisfazioni professionali e piaceri personali si possano mischiare.

E’ capitato ieri. Un mio ex collaboratore, che da 7 mesi si è trasferito per scelta personale in Cina, è venuto a trovarci. Da li il fatto di passare qualche ora con noi per poi finire la serata con una pizzata tra gli amici più stretti.

Che c’è di così strano direte voi? C’è che questo ragazzo, poco più che trentenne, è per me motivo di grande soddisfazione.

Non l’ho assunto io, ma me lo sono trovato nel mio team non appena diventato “capo”. Da subito mi piaceva per l’entusiasmo, la curiosità e la voglia di fare che ogni giorno dimostrava. Pur essendo acerbo ed inesperto (ed è normale visto che all’epoca aveva 23/24 anni), in pochi anni gli ho fatto fare una discreta carriera. E questo con mia, oltre che sua soddisfazione. Si perchè se da una parte i riconoscimenti che ha avuto se li è strameritati, dall’altra ho dimostrato agli altri,  i suoi colleghi magari più esperti ma meno intraprendenti, che con me non si fa carriera per anzianità. Se uno è bravo si mette sulla corsia di sorpasso e corre più veloce degli altri.

Mai una polemica fuori luogo, mai di traverso. Certo abbiamo avuto anche noi i nostri scazzi, le nostre divergenze. A volte ha sbagliato e a volte l’ho ripreso per questo. Non per essere punitivo, ma per fargli capire gli errori. Lui ovviamente li per li si incazzava, ma poi capiva e quegli errori non li ripeteva. Con lui mi sono comportato da tutor sotto tutti gli aspetti, ma con grande soddisfazione.

Gli ho sempre riconosciuto la grande capacità di giocare in squadra, fare gruppo. Creare in ufficio un clima positivo e sereno. Nonostante la sua veloce crescita non ha mai sofferto le invidie degli altri, almeno quelle maliziose, piene di tossine. Era un esempio per tutti.

Poi un giorno è venuto nel mio ufficio e mi ha detto “Sylvestro me ne vado. Cambio vita e vado in Cina, anche se non avrò un lavoro fisso. Ci voglio provare”

E’ stata l’ennesima dimostrazione delle sue capacità. Intelligente, generoso e anche coraggioso.

Ieri è venuto a trovarci facendoci una sorpresa (il gancio che sapeva tutto era il mio braccio destro che non mi ha detto nulla fino all’ultimo).

Mille domande, mille curiosità e mille consigli.

“Ninja (è il suo soprannome) in Cina devi esportare il made in Italy. Non sei architetto per cui scordati il design. Di abbigliamento non capisci un cavolo per cui evita. Buttati sull’alimentare, senza troppi investimenti. Prova ad esportare la piadina romagnola, lo diceva anche Bersani!”

“Davvero ha detto questa cosa sulla piadina quello del PD?”

“Ninja va a cagà…sei sempre il solito.”

Domani riparte.

In bocca al lupo grande uomo che di strada ne farai tanta. Se però fai i soldi con la piadina vengo in Cina ad assaggiarla.

 

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Piccoli Zamparini crescono

L’antefatto: Da un anno è partito un nuovo tipo di business e ho iniziato a lavorare con un fornitore nuovo.
A distanza di un anno questo fornitore, una media azienda con una 50 na di dipendenti, ha dimostrato qualche problema a livello qualitativo e ha aumentato a dismisura le sue tariffe.
Ieri il titolare mi aveva chiesto un incontro per capire perchè non aveva più lavoro.
Gli attori: l’imprenditore, il suo direttore commerciale, il suo direttore tecnico, il mio buyer, il mio responsabile delle lavorazioni e ovviamente il sottoscritto.
Il personaggio avevo già avuto modo di conoscerlo in precedenza e non mi aveva fatto una buona impressione. Pieno di se, arrogante e con la convinzione di avere santi in paradiso che garantissero per lui.
Dopo i convenevoli di rito andiamo al dunque e spiego, in maniera diretta, le motivazioni della mia scelta.
Mi aspettavo una sua reazione verso di me e invece, alzando il tono della voce e guardando i suoi collaboratori se ne esce con frasi del tipo: “mi scuso ma in 40 anni di carriera non avevo mai fatto una figura di merda così. Non ero al corrente dei problemi e dell’aumento delle tariffe. Qualcuno dei miei da oggi pomeriggio andrà in ferie a tempo indeterminato. La mia ira sarà peggiore dello sterminatore norvegese”.
In pratica, la mette sul piano personale scaricando indirettamente su di me la responsabilità.
Mi sento a disagio (i due capri espiatori avevano ormai una faccia da cocker), ma cerco di non farlo trasparire, e ribatto che lui è ovviamente libero di prendere le sue decisioni in casa sua, ma che se io fossi al suo posto cercherei di analizzare le ragioni di una sconfitta e ne trarrei insegnamento per il futuro. Fino a qualche minuto prima in fin dei conti si vantava di come la sua azienda fosse riuscita ad avere successo, con altri clienti, grazie a quel nuovo business. Non da meno poi i panni sporchi me li laverei a casa mia.
Inutile dire che il prosieguo della riunione è stato un batti e ribatti fra me e lui nel gelo più totale.
Mi spiace per i suoi collaboratori, evidentemente non all’altezza. Spero che le frasi del loro titolare siano state dettate più dalla rabbia che da reali intenzioni. Io del resto sono pagato per fare gli interessi dalla mia di azienda.

Ora però io mi dico. Sono un imprenditore, scelgo la mia squadra, questa rimedia una sconfitta e io li faccio fuori? E io dove ero? Le responsabilità sono sempre degli altri o anche mie che ho scelto la squadra ed evidentemente non ho controllato?
Non so perchè ma mi viene in mente questo uomo.

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lo so…

…faccio parte dello stereotipo maschile che con qualche lineetta di febbre (37,5 per l’esattezza) sembra abbia già un piede nella fossa.

Avevo il raffeddore, malattia infingarda, un mal di gola fetente, il tutto coronato con un bel mal di testa. Sembra chissà chè ma in realtà nulla. Nulla che mi impedisse realmente stamattina di farmi la barba, colazione, doccia vestirmi e uscire per andare in ufficio come tutte le mattine.

Invece quando ho aperto la porta della doccia mi sono detto….”ma perchè?”.

C’era un letto, ancora sfatto che mi diceva “vieni…vieni” e come non farsi tentare.

Una bella e-mail in ufficio e via….giornata di cazzeggio. Libri, ronfate, internet, ogni tanto qualche telefonata, a volte anche di lavoro.

Conosco il mio fisico e so che quando manda questi segnali il messaggio è “caro Sylvestro, fermati un giro ai box per un pit stop”.

Domani si riparte. Ne sono sicuro.

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“Non esiste una seconda opportunità per fare una buona prima impressione”


Ho riflettuto lungamente su questa massima visto che oggi ho conosciuto colui che diventerà probabilmente il mio nuovo capo.

Una forte riorganizzazione interna infatti cambierà significativamente dal punto di vista organizzativo il mio ruolo e quello dei miei collaboratori.

Sarà quindi per questo che, dopo 3 ore di colloquio, fitto e senza pause, mi sento esausto (e anche un po’ sudato) come se avessi fatto una lezione di spinning?

Comunque mi sembra di aver passato l’esame. Ho intravisto empatia. Mi è piaciuto, nei modi e nei contenuti, e penso di aver fatto la medesima impressione a lui. Inoltre avevamo entrambi uno spezzato blu con camicia millerighe……certo la sua era azzurra e la mia blu, ma mica poteva essere uguale uguale uguale no?

Ora vedremo i prossimi passi.

Per ora non ho più la testa per fare nulla di lavorativo per cui dedico la mia ultima mezz’oretta al cazzeggio più assoluto (vedi scrivere il post)…….e guai al primo/a che mi dice “perchè di solito invece cosa fai?”

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non ce la posso fare….

Sono mesi che prorogo. Oggi no, forse domani…..anzi, in quei giorni durante le feste di Natale mi ci metto di buzzo buono.

Poi arrivano quei giorni……cavoli da che parte incominciare……e poi dova la butta tutta questa roba….toh guarda….ecco dove era finita questa maledetta…..e poi cos’è questa cosa dura di metallo…..e io che tutte le volte che dovevo pinzare due fogli dovevo chiedere alla segretaria…….nooooo……e io che pensavo che la Mont Blanc me l’avessero ciulata……però l’inchiostro si è seccato……sai che me la ricordavo con le venature di un marrone più scuro?…..ma le bustine di plastica qualcuno sa dove sono?….e poi mi vengono ancora a dire che la carta è destinata a sparire…..

Insomma……di mettere a posto la scrivania proprio non c’ho voglia !!!!

 

 

 

 

 

 

 

PS: che invidia per quelli che riescono a tenere tutto in ordine……

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Questo è il posto dove vorrei lavorare….

Dopo 3 giorni e 1300 kilometri in giro per il centro e il nord Italia, potrei raccontarvi di come sono riuscito a mangiare il pesce in Umbria, la chianina a Firenze o le piadine a Bologna, ma preferisco parlarvi del posto di lavoro più figo che abbia mai visto.  A metà strada tra Venezia e Jesolo, in una minuscola frazione in mezzo alla campagna, c’è una farm. Ma non è una beuty farm, ma una fabbrica di talenti. A vedersi sembra un bellissimo agriturismo, ma appena entri ti accorgi del contesto tecnologico, fatto di enormi schermi piatti da 60 pollici un po’ dappertutto, inseriti in ariosissimi uffici pieni di enormi finestre che prendono luce dalla campagna, scale a vista, divani, mac ovunque. Qui ci sono una serie di piccole realtà fatte da piccoli gruppi di lavoro che sviluppando idee nella new tecnology, diventano delle start-up che ambiscono a confrontarsi con il mondo intero. Età media 25/30 anni, uomini e donne sviluppano idee realmente innovative. Io ho fatto tre riunioni, una “in piedi” per vedere dei touch screen da vetrina (fighissimi), una seduto su un divano di fronte ad un enorme schermo piatto accanto ad un bambolotto che riproduce Steve Jobs (vedi foto) ed una seduto ad un tavolo sotto un porticato, nella migliore delle “sale riunioni” che abbia mai frequentato. La “mensa” poi era una fornitissima enoteca che proponeva cibi biologici presentati su una originalissima, almeno in questo contesto, vecchia lavagna in ardesia. Distributori automatici infine offrivano caffè equosolidale……insomma, le foto non rendono merito all’impressione generale che si ha frequentando un posto del genere, ma credetemi, in queste condizioni “andare in ufficio” diventa veramente un piacere più che un dovere……uffa, voglio andare a lavorare li.sede_hfarm.jpgcontactus.jpgimg_0712.JPGimg_0713.JPGimg_0714.JPG 

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